C’era la ricreazione, il giorno in cui sono quasi morto.Ricordo che facevo il quarto superiore. Io e i miei compagni dell’Itis High School eravamo al laboratorio di elettronica e guardavamo dalla finestra quello che combinavano dall’altra parte della strada, davanti all’Istituto Professionale.Quella mattina c’erano i vigili urbani che da due ore fingevano di infrangere i limiti di velocità e fingevano di investire con la loro macchina uno studente in bicicletta, poi i compagni del malcapitato dovevano fingere di prestargli soccorso, controllare le fratture, praticare la respirazione artificiale ecc, insomma una specie di corso di soccorso stradale, una roba molto costruttiva: c’era una vigilessa cessa che ad ogni ora cercava di spiegare la teoria ad una classe che ovviamente non la stava a sentire, poi c’erano gli altri due vigili cinquantenni piacioni che esercitavano il fascino della divisa sulle ragazzine minorenni, poi ancora c’erano varie coppiette di studentelli che copulavano appoggiati o agli alberi o ai pali della luce o ai professori sottomessi, e infine c’erano i bulletti maschi che mimavano graziosamente il coito e improvvisavano delle simpaticissime gangbang sul finto cadavere, interpretato dal Milhouse della situazione.L’intrattenimento era di alto livello, una delle migliori ricreazioni che riesca a ricordare, ma purtroppo poco dopo suonò la campanella, arrivò il prof, restò un minuto lì con noi a guardare quella roba favolosa, infine ci disse di sederci, che si doveva fare lezione. Tempo due minuti, e arrivò anche il nostro indimenticabile tecnico di laboratorio e assistente di elettronica, un cinquantenne sfigato che assomigliava a Gasparri calvo, che di circuiti e condensatori ne sapeva più o meno quanto Gasparri, e che in generale trasmetteva una tale aura di intelligenza ed era talmente svelto a comprendere le cose che per l’occasione lo chiameremo, appunto, Gasparri.Insomma, quella mattina l’assistente Gasparri era stranamente turbato, gli si leggeva in faccia che non era a suo agio, aveva qualcosa da dire a tutti, aveva visto cose che noi umani non potevamo immaginare, e lui era un tipo sensibile, facilmente impressionabile, non poteva tirare avanti e far finta di niente, aveva bisogno di sfogarsi. Che ti succede, gli chiese il prof preoccupato.L’assistente Gasparri scuoteva la testa, farfugliava di cose incredibili, diceva che non aveva mai visto una roba così, che non ci poteva credere, ecc, e tutto quel suo stupore attirava anche la nostra attenzione, sembrava una faccenda seria. Cazzo gli sarà successo, pensavamo.“Cioè, dico, poi la gente prende in giro i Carabinieri, ma in confronto, cioè, la realtà, la realtà supera le barzellette, è dieci volte peggio, cioè, la Polizia Municipale, cioè, roba da non credere.”.Di che accidenti stai parlando, babbeo, chiedevamo noi con un silenzio attonito di massa; il prof aggrottò insieme sopracciglia e pizzetto, fissandolo intensamente.“I vigili urbani! I vigili hanno investito un ragazzo che andava in bicicletta!”, disse l’assistente Gasparri, sconvolto.“E dove?”, gli chiese il prof.“Proprio qui davanti!”, gridò l’assistente Gasparri, mentre un sospetto troppo bello per essere vero ci fioriva nel cuore. “Ma la cosa incredibile”, continuò, ”è che stamattina è la terza volta che gli succede! E sempre lì, eh, sempre nello stesso punto. Domani saranno su tutti i giornali, sicuro. Cioè, pensa che rincoglioniti che sono!”, concluse serissimo l’assistente Gasparri, uccidendoci.La risata fu istantanea, collettiva e spaventosa, un’esplosione, una possessione demoniaca, un crescendo inarrestabile: più assumevamo consapevolezza del fatto che la realtà supera davvero e di brutto le barzellette, più vedevamo tutti gli altri che si sganasciavano, più riflettevamo su quale rarissimo quoziente intellettivo poteva far scambiare per un vero incidente stradale quella specie di pornoteatro all’aperto per homo erectus, più vedevamo che anche il prof rischiava di esplodere nel vano tentativo di contenere le risate, più contemplavamo l’assistente Gasparri compiaciuto che non ci aveva capito niente e credeva seriamente di essere il più figo del mondo per averci fatto ridere con la stupidità dei vigili, più non c’era verso di riprendere fiato e si rideva inesorabilmente tutti, sempre di più. Era una specie di tortura edonistica autoindotta superiore, non ci aveva toccato nessuno e non ci aveva drogato nessuno, neanche il Joker in persona avrebbe potuto ottenere un’isteria esilarante collettiva di quel livello. Un corso di educazione stradale per babbuini in calore e un tecnico di laboratorio beota ci avevano mostrato meglio di ogni altra cosa la fragilità della vita: in quella che non sembrava più un’aula di scuola, ma la stanzetta dei cannati irrecuperabili, sentivamo di essere veramente alla fine, di stare seriamente crepando dalle fottutissime risate, mentre l’assistente Gasparri ci guardava e continuava a non capire ed era la cosa più bella del mondo.Anche il prof era partito del tutto, prendeva a pugni la cattedra, grugniva, sbavava, il suo volto cominciava a tingersi di un elegante blu oltremare, e noi annegavamo nella gioia insieme a lui. Nessuno era in grado di salvarci, ci contorcevamo sui banchi, stravolti da incontrollati spasmi di beatitudine, con il mal di pancia e l’espressione di chi soffre di piacere: altro che morire in un orgasmo, come diceva Woody Allen. Ormai sapevamo che quelli erano i nostri ultimi bellissimi momenti, dentro di noi sentivamo che qualcosa si stava rompendo, avevamo gli occhi che traboccavano di sangue e felicità, cominciavamo ad accusare danni permanenti al cervello, aspettavamo l’infarto liberatorio, ma continuavamo comunque a ridere.Ovviamente alla fine non siamo morti, ma non è che le nostre vite non siano state in pericolo, anzi, prima di svenire ho visto uno scheletro con un cappuccio nero e una falce, giuro, era lì sul banco accanto a me, però non sembrava molto minaccioso, forse perché credevo fosse un’allucinazione, o forse perchè rantolava dalle risate e implorava pietà.