Ho già parlato anni fa dei Rotorvator, quando stavano su Crucial Blast. Questo è successo per due motivi: il primo è il mio debole per chi tenta di mettere insieme black metal e “industrial”, il secondo è che il proprietario di Crucial Blast (il più grande recensore vivente di metal estremo, tra l’altro) non sbaglia mai, quindi sapevo che stavo facendo la cosa giusta. Il senso del mio pezzo era che mi trovavo di fronte a un gruppo magari acerbo sotto certi punti di vista, strano sotto altri, difficilmente inquadrabile da qualunque parte ci posizionassimo. Non industrial black à la Thorns – Dødheimsgard – Mysticum et similia, non quel black-noise à la Wold – Nekrasov e via andare, non Genghis Tron 2 (volendo cercare più una similitudine più generale), ma qualcosa che si spostava di continuo. Con questo ep su vinile per Sincope, etichetta che dimostra di vederci sempre meglio, i Rotorvator lasciano aperti tutti gli interrogativi: rimangono sempre consciamente divertiti e sopra le righe, come ad esempio nel monologo di apertura, che sembra uno spot radiofonico, e sempre sfacciati nelle contaminazioni, come nella seconda parte quasi dance della bonus-track, ma allo stesso tempo malati e negativi nella voce, nelle chitarre – non solo black – e nelle percussioni artificiali (il resto della “sintesi” è molto più cangiante). Positivo, inoltre, che in ogni pezzo ci sia uno spunto testuale curioso, una storia da scoprire o da sentire. È difficile capire in alcuni casi quali parti elettroniche siano naif per scelta e quali semplicemente da migliorare, perché stiamo parlando di una band che non ama la tecnica e gioca sulle sue imperfezioni, ma è lì che andrei ad ascoltare bene cosa fanno se volessi trovar delle pecche. Ma voglio trovare delle pecche?
Dischi 2015, rotorvator, sincope