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RPG: nuova droga elettronica

Da Cobain86
RPG Maker XP

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Quando si parla di droga spesso intendiamo sostanze chimiche o naturali che creano pericolose dipendenze (dall’hashish fino alla cocaina passando per ecstasy ed eroina), con esiti spesso devastanti. Nell’ultimo decennio, però, la droga sta diventando elettronica e passa sotto il ruolo degli RPG e/o simulazioni di vita (The Sims o anche lo stesso Facebook): come difendersi, come riconoscere il problema, come evitarlo. Buona lettura a tutti!

Partiamo definendo i vari termini: gli RPG sono giochi di ruolo (ovvero noi impersoniamo terze persone che agiscono, amano, relazionano e combattono per noi), le simulazioni di vita (come i Sims e, in senso lato, anche Facebook) sono rappresentazioni di situazioni reali in digitale, da gestire come una specie di Grande Fratello che guarda e decide tutto.

I rischi
Questa nuova droga elettronica ha un costo basso (connessione flat o disco del gioco), contiene elementi che rafforzano ed incoraggiano il giocatore, alla portata di tutti (dal bimbo al nonno), permette di evadere dalla realtà (mondi medievali o scenari fantascientifici), concede SEMPRE una seconda possibilità, crea nuovi obiettivi da raggiungere, racconta storie e la risoluzione di enigmi, con l’espansione online il gameplay tende a non finire mai.

La normalità
Di solito questi giochi vengono regalati in modo casuale, puntando cioè sul loro successo e sul fatto che permettono di passare davanti al computer il tempo in modo creativo. La possibilità di interazioni online aumenta la giocabilità e rende il gioco praticamente eterno, considerando le variabili e i nuovi giocatori in arrivo.
Di solito le prime volte sono un po’ frustranti (bisogna capire il meccanismo), dopo ci si gioca qualche oretta ogni tanto (1 o 2 al giorno massimo), quando ci si accorge che la vita vera è più interessante lo si rivende su eBay per un paio di ciabatte stanfanti nuove.

Il caso clinico
Alcune persone però, a fronte di una vita con pochi stimoli (lavoro poco motivante, famiglia poco presente, figli menefreghisti, mogli sempre stanche, tv noiosa e via citando), rincasando accendono immediatamente il computer e, dopo una brevissima incursione sulla propria posta elettronica (col tempo sempre più fugace), si collegano subito a questi RPG (molti sono online e totalmente gratuiti).
Il guaio (se così si puo dire) nasce dall’accorgersi di questi piccoli mondi perfetti virtuali, dove c’è (quasi sempre) la possibilità di tornare indietro, di provare avventure nuove, di relazionarsi con sconosciuti invisibili come compagni di gioco, obiettivi da raggiungere, città da salvare e trallalero. La vita virtuale, quindi, diventa un simulacro che giorno dopo giorno s’insinua nella mente di questa persona, sostituendosi alla vita reale.

I sintomi da notare
Assenze prolungate dal lavoro, pochissime uscite, vita asociale chiusa in camera, rinuncia di attività ricreative all’aria aperta o con altre persone reali nel tempo libero, apatia, continui riferimenti al gioco come se fosse reale, perdita totale del collegamento con il mondo reale, crisi d’astinenza in caso di mancanza della linea per connettersi ad Internet.
Per queste persone il gioco è diventata l’unica cosa per cui valga la pena vivere: perfino mangiare e dormire, due irrinunciabili bisogni fisiologici, diventano secondari e perdono importanza davanti al videogame.

Cosa fare/cosa evitare
Una volta si pensava che questi problemi colpissero solo i nerd, ovvero quei ragazzini solo studio-computer-scuola, persone totalmente emarginate senza una vera vita sociale. Negli anni si è scoperto che il bacino è molto più ampio, coinvolgendo anche persone che avevano una vita normale vincolata a riferimenti importanti (moglie, casa, figli e lavoro): nessuno, quindi, può ritenersi immune al 100%.
Le perdite economiche derivano dalle assenze sul lavoro e dalle ore di connessione ad Internet (ma quest’ultimo è variabile, considerando i contratti a canone fisso mensile).
Le cose da evitare sono sicuramente la poca e scarsa attenzione nella fase iniziale, quando il gioco esercita il suo potere ammaliante grazie alle varie tecniche premio/ricompensa per incentivare a giocare ancora. Una buona idea può esser quella di condividere questa nuova scoperta con il proprio partner, evitando di demonizzarlo (meccanismo rafforzativo e piacere del proibito). Bisogna invece cercare di rimanere sempre sulla dimensione reale della cosa, ovvero quando l’ora è tarda si spegne il computer e si va a letto. Stop. Senza se e senza ma, il gioco non deve occupare più importanza di un programma televisivo o di un disco musicale.

E una volta come facevano?
I videogiochi sono una scoperta “relativamente” giovane: il coinvolgimento degli attuali RPG, però, ha superato i limiti e crea nei soggetti più facilmente influenzabili problemi di ancoraggio alla vita quotidiana per rifugiarsi in questi paradisi artificiali fatti di suoni, musichette, gettoni e bonus dorati e saltellanti.
Nel gioco, tramite varie meccanismi, c’è sempre una seconda possibilità e l’opzione di creare qualcosa di importante: il fatto che la maggior parte non siano a pagamento toglie anche i sensi di colpa, della serie ma non faccio male a nessuno.
Quando però ci si ritrova con la moglie trascurata, il figlio che sniffa colla alla stazione centrale e il gatto che lecca il ketchup dalla coda del cane ci si chiede se tutto ciò sia normale, considerando che il padre/madre non è morto ma è chiuso in una stanza a digitare comandi e ad usurare il mouse per mescolare pozioni per un druido.

Ci sono dentro, cosa devo fare?
Riconoscere/far riconoscere il problema a qualcuno è il primo passo per emanciparsi da questa dipendenza.
Sentirsi in colpa non serve, deve nascere nell’individuo coinvolto una cristallina e sana volontà di smettere, basta ammazzarsi di viaggi mentali davanti a vecchi puzzoni in armatura, basta tirare dadi virtuali, basta stimolarsi con druidi e armature, basta guardare barre di livello con punti esperienza e vita!
Un buon psicologo (reperibile nei tanti centri contro la dipendenza da Internet) è sicuramente la persona adatta con cui parlare e con cui affrontare una terapia mirata, in modo da tornare ad una vita a 360 gradi e chiudere nel cassetto questo spiacevole incidente.
Il gioco deve rimanere un piacere estemporaneo e non un catalizzatore dell’intera vita (a meno che tu non ne sia il programmatore, of course), per cui gioca senza esagerare: tieni sempre sott’occhio il tempo con un orologio comodo (se quello del computer non si vede utilizza una micro sveglia), in modo da capire quante ore hai passato davanti allo schermo.
Non destinare fondi per la tua famiglia al gioco, non ossessionarti se non risolvi un livello, non umanizzare i personaggi, se vuoi avere una discussione parla con una persona REALE (faccia a faccia, per capirci) e racconta i tuoi problemi: il paradiso cibernetico in cui questi mondi sono creati e diffusi non è reale, è solo un’accozzaglia di pixel.

Pensa ad ogni volta che, rubando del tempo prezioso/amore ad una persona a cui tieni veramente, smanetti imperterrito con il tuo mouse dietro l’ultima ciber-boiata proposta dal mercato: crea TU i ricordi che definiscano la tua personalità, anzichè vivere per interposta persona e inebriarsi di ricordi ed emozioni mediate altrui.

Marco


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