Nel 1723, il Parlamento inglese approva una legge terribile, il Black Act, che punisce con l'impiccagione il bracconaggio dei cervi nelle foreste reali e nei parchi signorili. Ben preso, la pena di morte venne estesa anche al semplice fatto di raccogliere, in quelle foreste ed in quei parchi, legna o torba. Viene così criminalizzato fino all'estremo, qualsiasi attentato alla proprietà; la legge avrà vita assai lunga e non verrà abrogata fino al 1827.
In un suo libro, ""Whigs e cacciatori. Potenti e ribelli nell'Inghilterra del XVIII secolo" (ed. Ponte alle Grazie), lo storico Edward Palmer Thompson propone una riflessione sulla lotta di classe ed il diritto di proprietà, a partire dalla "Guerra delle foreste" nell'Inghilterra del XVIII secolo, e sollevando questioni che rimangono attuali. Evitando di limitarsi ad una storia conformista che descrive solamente istituzioni ed avvenimenti politici, Thompson focalizza la sua attenzione sulle condizioni di vita della classe popolare e analizza la repressione del bracconaggio e la conseguente resistenza, laddove i contadini organizzano azioni collettive al fine di mantenere il controllo delle terre, contro i ricchi signori che se lo sono accaparrate. Si appropriano del legname che si trova nei territori che sono stati loro sottratti. Una banda di bracconieri si organizza per cacciare gli animali e per difendersi, a mano armata, dai guardiacaccia. I Blacks, guidati da "re Giovanni", incarnano la resistenza popolare al potere feudale.
"Nel periodo fra il 1720 ed il 1722, il parco del vescovo venne attaccato a più riprese, il suo gregge di cervi venne decimato, le sue case bruciare, i suoi boschi distrutti, e si fece fuoco contro il suo bestiame." I Blacks sono una sorta di giustizieri che si occupano delle controversie in materia dei diritti sul legname, sul pascolo e sulla pesca. AL momento in cui i signori proibiscono ai contadini di raccogliere la legna, rispondono distruggendo le foreste. Ma, spesso, basta una semplice minaccia per costringere i proprietari a chinare il capo. "Re Giovanni" viene paragonato a Robin Hood. "Il risentimento accumulatosi nel corso di decenni lo proteggeva, lui e la sua banda, e gli permetteva di muoversi allo scoperto in pieno giorno, e di far regnare una giustizia del popolo." Questi ribelli sociali diffondono anche delle pratiche di resistenza individuale: bracconieri, ladri, contrabbandieri, pescatori e cacciatori di frodo, non esitano a violare le leggi e a mettere on discussione l'autorità feudale.
La risposta del governo reale non si fa attendere, e cerca di reprimere e sbaragliare i Blacks, non solo per le loro azioni, ma proprio perché c'è il rischio che divengano una forza politica. "I Blacks, nel giro di un anno o due, avevano guadagnato il sostegno delle comunità forestali, così come i Luddisti, più tardi, avrebbero guadagnato l'appoggio del settore tessile." Il Black Act è perciò la legge che permette di imporre una repressione giudiziaria particolarmente dura. Si tratta di dare l'esempio, per dissuadere così i contadini dal commettere azioni illegali. "Quello che viene testimoniato, dal Black Act, è il declino dell'efficacia dei vecchi metodi di controllo e di disciplina di classe, ed il loro rimpiazzo con un nuovo standard di autorità: l'uso esemplare del terrore."
Malgrado la sua pretesa e dichiarata neutralità, la legislazione difende soprattutto una politica di classe, volta a proteggere i possidenti. I diritti, e la soddisfazione dei bisogni dei poveri, diventano crimini: bracconaggio, furto di legname, violazione della proprietà privata. La legge permette di legittimare la società di classe. "Ma l'ineguaglianza decisiva risiede nell'esistenza di una società di classe, dove il diritto non-monetario d'uso viene abolito, per mezzo dei tribunali, dal diritto di proprietà capitalista". Il conflitto oppone gli utilizzatori agli sfruttatori!
Nello studio di Thompson - che si iscrive nel contesto degli anni 1960/1970, i quali vedono emergere una nuova storia sociale - viene evocato il piccolo popolo, i declassati, la folla anonima, si privilegia lo studio della criminalità, dando ad essa un senso in relazione all'insieme della società. La legalità popolare contesta la legalità ufficiale. Questa è una forma di resistenza che si oppone allo sfruttamento economico ed al dominio sociale. La "criminalità sociale" diventa una forma di contestazione popolare che si appoggia alla tradizione delle comunità. I diritti consuetudinari permettevano ai contadini di poter utilizzare una terra che non apparteneva loro, soprattutto per la raccolta, ma a partire dal 1700 i ricchi proprietari cominciano ad imporre la recinzione delle terre: la redditività dell'investimento agricolo prevale sul diritto d'uso. Le recinzioni privatizzano impediscono l'accesso e privatizzano completamente la terra. Gradualmente, "l'individualismo possessivo guadagna terreno, radicando fin nello spirito una definizione sempre più assoluta di proprietà", ecco che il "crimine sociale" esprime allora la protesta dei diseredati, sebbene i contadini si limitino a denunciare soprattutto l'individualismo possessivo, invece che le strutture dell'economia di mercato ed il principio stesso di proprietà.
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