L'archeologia delle parole: la toponomastica - Parte 2
Fonte: Carlo Tosco, Il paesaggio storico, Le fonti e i metodi di ricerca tra medioevo ed età moderna, 2009, Gius. Laterza e FigliLe indagini più significative per il nostro ambito di ricerca non sono quelle riservate all'etimologia dei singoli termini, ma quelle che si sviluppano su interi ambiti territoriali. La catalogazione sistematica e la suddivisione per categorie dei nomi geografici di una determinata area fornisce un quadro complessivo delle stratificazioni e dei loro significati. Le ricerche contemporanee nel settore operano preferibilmente costruendo serie toponomastche gestite su base informatica, con repertori terminologici gerarchicamente strutturati. La base di lavoro è in genere la tavoletta IGM 1:25.000, che registra in modo abbastanza completo i termini geografici locali, sebbene occorre ricordare che spesso i cartografi hanno commesso errori di trascrizione, soprattutto per i nomi d'origine dialettale. Per organizzare la ricerca, la grande massa di nomi rilevabili sul territorio viene ripartita in classificazioni tipologiche. Le categorie principali comprendono:
- toponimi ambientali, nati dalle caratteristiche morfologiche locali, a loro volta ripartiti in fitonimi (derivati dalla vegetazione), idronimi (dai corsi d acqua), geonimi (dai caratteri del terreno), oronimi (dalle forme dei rilievi) e anonimi (dalle presenze animali);
- toponimi funzionali, derivati dalla presenza di particolari attività umane;
- toponimi onomastici, derivati dal nome di personaggi o di famiglie collegati al sito (tra cui si distinguono i toponimi prediali, dal latino praedium, proprietà, podere, derivati dal nome di un antico proprietario);
- toponimi etnici, originati dai nomi delle popolazioni stanziate sul territorio;
- agiotoponimi, nati dal culto di un santo o dalla memoria di un evento religioso.
Le strutture architettoniche preminenti, come chiese e fortificazi hanno lasciato tracce linguistiche molto diffuse. Non è raro che un'attestazione toponomastica conservi il ricordo di edifici scomparsi. Le numerose «motte» (fortificazioni ricavate su terrapieni) sono un esempio tipico, alterate o cancellate dalle ristrutturazioni successive. Le indagini sistematiche offrono in questi casi possibilità di accertamenti ad ampio raggio, come nel caso delle motte della Calabria, catalogate di recente. I termini peggiorativi, come Castellaccio, Chiesaccia, Vignaccia, indicano in genere manufatti abbandonati e in rovina. D'altra parte i termini positivi che utilizzano l'aggettivo «bello» (Belcampo, Bellacosta, Belforte, Montebello) non fanno riferimento a caratteri estetici ma economici, in relazione alle qualità agricole e insediative delle aree. I nomi collegati alle funzioni rurali rappresentano un altro settore molto produttivo nella toponomastica, con termini che illustrano le attività agricole (Ronco, Ronchi, Roncaglia derivati da zone disboscate, come anche Cesena, Cesarea, dal latino caedo, «taglio», oppure Pasquo, Pasquaro, Pasquetto, legati ad aree di pascolo) o zoonimni riferibili all'allevamento del bestiame (sul genere di Caprie, Porcareccia, Vaccarizza). I toponimi funzionali, come Fabbrica, Molino, Fornace, sono un altro suggerimento prezioso per la collocazione delle attività manifatturiere, che però andrebbe attribuito con certezza ad un periodo storico soltanto tramite la menzione in documenti datati. Anche l'attestazione di toponimi prediali deve essere valutata con prudenza e il riferimento a nomi di persona d'origine latina non comporta necessariamente la continuità con insediamenti antichi.
Un settore storicamente significativo è inoltre rappresentato dalla presenza di toponimi nati dell'insediamento di antichi gruppi etnici, che offrono la possibilità di riconoscere un sostrato latino, germanico, celtico, slavo, arabo, greco, impresso sul territorio. È noto ad esempio che i suffissi rappresentano un indice per individuare la provenienza linguistica dei nomi: in Italia settentrionale i suffissi in -ingo o -engo (come Aramengo, Bussolengo, Pedrengo, Siluanengo) rimandano normalmente a toponimi di origine germanica, quelli in -aco o -ago (come Arsago, Barsago, Busnago, Terlago) ad una provenienza celtica, quelli in -asco (come Beinasco, Frossasco, Piossasco, Airasca) ad una matrice ligure. In alcuni casi i toponimi etnici possono essere collegati alle direttrici viarie di stanziamento delle popolazioni, come per Godego (in provincia di Treviso), e per Goito (presso Mantova, che testimoniano stanziamenti territoriali dei Goti e risultano collocati sull'antico tracciato romano della via Postumia.
Certo la toponomastica può nascondere gravi insidie se utilizzata in modo dilettantesco, senza il supporto adeguato di specialisti in linguistica e di fonetica storica. Nella tradizione popolare abbondano nomi di luoghi riferiti a grandi personaggi dell'antichità e del medioevo (Giulio Cesare, Annibale, Carlo Magno) e a popolazioni straniere (i numerosi «saraceni» delle Alpi occidentali), in genere privi di reali riferimenti storici. Sul piano linguistico le insidie sono ancora più complesse.
Solo l'indagine archivistica, che raccoglie le varianti dei nomi di luogo attestate nei documenti e nella cartografia, assicura una ricostruzione etnologica corretta, in base alle leggi della fonetica storica. Il borgo di Volpedo ad esempio (in provincia di Alessandria) è stato scambiato come Un zoonimo derivato da «volpe», mentre l'esame delle attestazioni medievali (Vicopecudis, Vicopegolo, Vipeguli) rivela una corretta interpretazione come centro di allevamento di greggi (pecus). La raccolta delle testimonianze documentarie e delle variazioni linguistiche aiuta in questi casi a chiarire l'esatta provenienza dei termini.