- Scritto da Claudio Vergnani
Se Edgar Allan Poe resuscitasse e si rimettesse a scrivere (con quel suo occhio giovane e stanco al tempo stesso, quello sguardo lontano mille miglia e quella fronte spaziosa che rifletteva orgoglio, umiliazione, dolore e intelligenza) avrebbe successo oggi? Un Poe, naturalmente, che non riscrivesse ostinatamente Il gatto nero o Il corvo. Un Poe che, redivivo, si guardasse intorno, e – scoperto il pc e valutata la situazione letteraria – decidesse di riprendere a scrivere. Cose nuove, per intenderci, ma con lo stile vecchio.
Non abbiamo una risposta a questo, ma la domanda è per certi versi cruciale.
In altri termini, la Letteratura – come un diamante, come la morte – è per sempre, o è inestricabilmente legata non solo al tempo che passa, ma sopra ogni cosa ai lettori cui si rivolge, lettori che mutano in continuazione, sia come persone (i lettori contemporanei di Poe sono morti da un pezzo) sia come gusti, preparazione, abitudini e cultura?
La risposta onesta dovrebbe essere: dipende. E’ quello che, grosso modo, pensano tutti. E’ ciò che viene naturale pensare. Ma a un’analisi meno frettolosa si rivelerebbe nella migliore delle ipotesi una risposta parziale, in quella peggiore, falsa.
Capovolgiamo il discorso. Stephen King sarebbe divenuto quel monumento all’horror che è oggi anche ai tempi di Poe?
Forse, o forse no. Anche qui non è facile dare una risposta, troppe variabili da valutare, troppi punti oscuri, troppi contesti storici, sociali e tecnici, anche, da prendere in esame. Possiamo essere ragionevolmente sicuri che – avendone la possibilità – si “farebbe onore”, ma quanto e in che modo è impossibile da stabilire.
Poe e King (uno morto e l’altro ancora ben vivo) sono solo qui e adesso ciò che sono (non pare che il successo arridesse a Poe nella sua epoca, mentre King, nella nostra, a inizio carriera ha un po’ faticato a far conoscere quelle che poi noi – adesso – riteniamo essere le sue opere fondamentali e più riuscite).
L’argomentazione che vuole che gli scrittori contemporanei siano per forza di cose migliori di quelli del passato non regge, e nessuno la prende veramente sul serio. Così come, del resto, non regge nemmeno quella opposta, per ovvi motivi speculari. Era più forte Rocky Marciano o Mike Tyson? Domanda irrilevante, divertissement da bar. Una cosa è sicura: chi scrive oggi può rifarsi a una moltitudine di lavoro già svolto in passato, ma nello stesso tempo chi ci ha preceduti ha potuto dare libero sfogo al talento (quando ne possedeva) e alla fantasia, senza tema di plagiare alcunché. Molta esperienza indiretta per i primi, uno sterminato campo libero per gli altri. Già, perché oggi è estremamente difficile proporre qualcosa che non sia una ripetizione del già letto (o del già visto, se inseriamo nell’equazione il cinema, che ha saccheggiato, guarda caso, a piene mani, dal nostro Poe, e non sempre saggiamente).
Dico, difficile, ma, ovviamente, non impossibile.
Forse Poe si troverebbe davanti alla scelta (tentazione?) poco soddisfacente tra riadattare e attualizzare le sue opere migliori, e scrivere qualcosa di nuovo, snaturando però in qualche modo tutto ciò che lo ha reso uno degli autori più amati in saecula saeculorum, seppur dopo.
L’opinione di chi scrive è che il ciclo si ripeterebbe. In un modo o nell’altro il nostro signor Poe non avrebbe fortuna; forse finirebbe nel giro di qualche dubbia collana e-book (per il cui disturbo probabilmente non verrebbe nemmeno retribuito), oppure pagherebbe per pubblicare e, ancora una volta, inevitabilmente, verrebbe riscoperto postumo. Come un precursore, come un talento perduto, come qualcuno cui guardare e fare riferimento. Come a un genio. Ma pur sempre irrimediabilmente postumo.
Se così fosse, ne risulterebbe una riflessione sorprendente: nell’horror, fatte le debite eccezioni, può valere la stessa regola che vale per i personaggi dello spettacolo quando distinguiamo tra grandi personaggi (esempio David Bowie e Elton John) e miti (esempio Jim Morrison ed Elvis Presley). Tale regola è sicura e seccante in egual misura. Per entrare nel novero delle leggende morire giovani aiuta.
Le leggende entrano nel cuore di tutti e vivono dentro di noi.
La soddisfazione, ahimè, ancora una volta è postuma.