Tra i due litiganti il terzo gode: si conclude con un risultato storico, il portoghese Rui Costa campione del mondo, un mondiale che per la prima volta nella storia attraversa una terra da sempre legata a doppio filo al ciclismo, la Toscana di Gino Bartali, Fiorenzo Magni, Gastone Nencini e del commissario tecnico Alfredo Martini. La nazionale azzurra cerca in tutti i modi di vincere la competizione, conduce la gara in maniera tatticamente perfetta fino al penultimo giro ma poi viene prima colpita dalla sfortuna, che toglie dai giochi Paolini per una caduta e costringe Nibali a un prodigioso quanto dispendioso recupero dopo avere anch’egli assaggiato l’asfalto, e poi viene beffata da Rodriguez, bravo a parare il doppio attacco Scarponi – Nibali all’ultimo passaggio sulla collina di Fiesole e staccare il siciliano sul suo terreno preferito, la discesa verso Pian del Mugnone.
Rui Costa in trionfo al Mondiale di Firenze – da sports.fr
La gara principe della manifestazione iridata comincia in un clima da tregenda: cielo cupo, acqua a scrosci, tuoni e fulmini accompagnano i corridori da Lucca a Firenze, in un mondiale che sembra la riedizione di quello di Oslo, quando a vincere nella tormenta fu il giovane e allora semisconosciuto Lance Armstrong. Fin dal primo giro del circuito di Fiesole, sono gli azzurri a fare la corsa, per rendere duro il percorso e tagliare fuori dalla competizione qualche nome eccellente, ma più che il ritmo dei nostri, sono le cadute a falcidiare il gruppo: alzano bandiera bianca campioni come Wiggins (poco a suo agio con la pioggia), Froome, Evans, Roche, Martin, Quintana. La fuga dei cinque battistrada lentamente si esaurisce ed è Visconti a decretarne la fine: ai -3 giri dall’arrivo, il corridore azzurro prende l’iniziativa, scatta sulla salita di Fiesole lasciando sui pedali i compagni e riprende nell’arco di un giro l’ultimo fuggitivo di giornata, Huzarski.
Nell’arco di un giro però anche la fuga dell’azzurro si esaurisce: la nazionale belga, fino a quel momento rimasta nell’ombra, prende la testa del gruppo e si mette a tirare forte per riprendere i due fuggitivi. Passato senza scossoni il muro di Via Salviati, la tegola sulla nazionale azzurra: cadono in sequenza Nibali, Scarponi e Paolini, quest’ultimo è costretto al ritiro, gli altri due a un faticoso rientro in gruppo. Nonostante le cadute, la nazionale azzurra fa saltare il banco sull’ultima ascesa di Fiesole: mentre tutti aspettano di vedere in testa i compagni di squadra di Cancellara o Gilbert a tirare (avrei potuto dire Sagan, ma quest’ultimo si ritrova da solo nella fase più delicata del mondiale) sono gli italiani a scattare. Passato San Domenico, là dove quella di Fiesole diventa salita vera, parte con uno scatto secco Scarponi e il suo forcing fa il vuoto, tagliando fuori i big della corsa. Al tornante del Bencistà rientra anche Nibali, al quale si accodano Valverde, Uran, Rodriguez e Rui Costa. La gara si infiamma e nel tratto più duro della salita, prima ci prova Nibali, poi è il turno di Rodriguez, con il siciliano a ruota.
La gara è apertissima: Rodriguez stacca Nibali nel terreno più adatto all’azzurro, la discesa, mentre Nibali riaggancia Rodriguez sul terreno più adatto allo spagnolo, lo strappo di Via Salviati. L’ultimo dente del circuito, quello che tutti, me compreso, ritenevano ininfluente, diventa il punto chiave del percorso: Rodriguez sfrutta i cento metri di salita arcigna per staccare Nibali, il siciliano si getta generosamente all’inseguimento ma non ha più benzina. Anche lo spagnolo però ha speso molto e Rui Costa, rimasto furbescamente a ruota fino a quel momento, ne approfitta per andare a riprendere Rodriguez e beffarlo sul filo di lana. Nibali non ha più neanche la forza di sprintare per il terzo posto e l’Italia rimane così a secco di medaglie nel mondiale casalingo, ma questa volta non me la sento di gettare la croce addosso a Nibali: il nostro alfiere infatti ha fatto miracoli nonostante una caduta che avrebbe tagliato fuori chiunque altro, ha recuperato lo svantaggio a tempo di record e fatto fuoco e fiamme sulla salita di Fiesole e poi sul muro di via Salviati per riprendere Rodriguez. Gli manca come sempre la zampata vincente, ma questa volta ci si è messa in mezzo anche la sfortuna: un Nibali nel pieno delle forze, probabilmente avrebbe fatto il vuoto sulla salita di Fiesole e avrebbe conquistato questo mondiale.
Una cosa si può dire sul corridore italiano, così come su Joaquin Rodriguez: a questi due atleti non manca il coraggio e forse di questo mondiale ci ricorderemo il loro duello piuttosto che la zampata finale di Rui Costa. Escono invece a capo chino da questi mondiali i due favoritissimi della vigilia: lo svizzero Cancellara, sparito quando la corsa si è infiammata, e il plurivittorioso Peter Sagan, capace di imporsi nelle volate delle corse a tappe ma ancora incapace di vincere una prestigiosa corsa in linea di un giorno (l’accoppiata Gand Wevelgem – Freccia del Brabante non vale un’accoppiata Fiandre – Roubaix). Non pervenuto neppure Gilbert, che a differenza dell’anno scorso, non riesce con un bis mondiale a far brillare l’arcobaleno su una stagione decisamente in ombra. Gli sconfitti di oggi, tra una settimana possono cercare la rivincita nella classica che chiude la stagione, il durissimo Giro di Lombardia: che vinca il migliore, e che soprattutto indossi la casacca azzurra.
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