di Ron Howard (USA, 2013)
con Daniel Bruhl, Chris Hemsworth, Alexandra Maria Lara, Olivia Wilde, Pierfrancesco Favino
durata: 123 min.
★★★★★
Fu un mondiale memorabile quello del 1976, un anno che tutti gli appassionati di Formula Uno ricordano con gli occhi lucidi e la voce spezzata: una stagione pazzesca, assurda, dove tutto quello che poteva succedere, in pista e fuori, effettivamente successe. Il sottoscritto all'epoca aveva quattro anni, eppure si ricorda come fosse ieri di questa incredibile storia, peraltro già raccontata qualche tempo fa proprio su queste pagine (vedi qui). Logico dunque che nutrissimo forti perplessità all'annuncio che Ron Howard avesse deciso di farci un film sopra, non tanto per pregiudizio nei suoi confronti, quanto perchè ritenevamo che una storia così appassionante, e soprattutto vera, sarebbe stata difficilissima da tradurre sul grande schermo: perchè lo sport, lo sappiamo, è già di per sè un fortissimo catalizzatore di emozioni, dove la realtà, se appassiona, è quasi sempre più forte della fiction.
Ma non avevamo fatto i conti con l'indubbia abilità di Howard nel saper raccontare storie autentiche di persone 'eccezionali' (lo aveva già fatto con Apollo 13, A beautiful mind e Cinderella Man), oltre a quella di circondarsi sempre di ottimi collaboratori: non è un caso che la sceneggiatura di Rush sia firmata da uno dei migliori writer viventi, quel Peter Morgan che, tra i suoi tanti script di successo, ha firmato anche quello de Il Maledetto United, forse il più bel film sul calcio mai realizzato al cinema, a testimonianza di essere assolutamente a suo agio con i soggetti a sfondo sportivo. Ron Howard, dal canto suo, è un onesto artigiano di Hollywood che pur non girando capolavori difficilmente sbaglia un film: è un regista consapevole delle sue qualità e dei suoi limiti, e che in ogni suo lavoro ha l'umiltà di mettersi al servizio dello spettatore senza eccedere in virtuosismi.
E Howard con Rush, possiamo dirlo, ha vinto la sua scommessa più difficile nel modo più elementare possibile: ovvero raccontando per filo e per segno i fatti esattamente come si svolsero all'epoca, stando ben attento a non alterare in nessun modo una storia che, come dicevamo, era già incredibilmente 'cinematografica' di suo. Rush è infatti un film sorprendentemente sobrio e realistico, senza le 'esagerazioni' tipiche del prodotto hollywoodiano: pur essendo altamente spettacolare, non ci sono scene inverosimili, uso abnorme degli effetti speciali, estenuanti ralenti ad effetto... tutte le scene (quelle di corsa in primis) sono ricostruite con la massima accuratezza e immortalate con una fotografia 'sporca' e sfocata ad arte, tanto da rendere indistinguibili le sequenze girate in studio da quelle di repertorio.
Lauda e Hunt, dunque, come I duellanti di Ridley Scott o come Al Pacino e Bob DeNiro in Heat: uomini a confronto, simboli e stereotipi di due mondi lontanissimi, agli antipodi per carattere e stile di vita, ma nonostante tutto capaci di conquistarsi la stima e il rispetto reciproco. Il mondo delle corse fa solo da sfondo a una vicenda drammaticamente e totalmente umana, nella quale hanno un ruolo importante anche le donne dei due piloti: la bella moglie di Hunt, la modella Suzie Miller (Olivia Wilde) che lascerà l'inaffidabile compagno per mettersi con Richard Burton, e la risoluta e coraggiosa Marlene (Alexandra Maria Lara, bravissima) che starà accanto a Lauda per tutta la vita, compreso il terribile periodo della convalescenza post-incidente.
Niki Lauda e James Hunt (quelli veri) in una foto d'epoca
Per questo Rush piacerà anche a chi non ama particolarmente la Formula Uno: è un film dalle forti emozioni e dai grandi sentimenti, di stampo innegabilmente classico, che tiene incollati alla sedia per oltre due ore e dove, significativamente, le parti più belle non sono quelle d'azione (comunque spettacolari e estremamente realistiche, ricostruite in modo fedele) ma quelle più intime e private dei due protagonisti. E se Chris Hemsworth è una piacevole sorpresa, oltretutto con il fisico giusto per il ruolo, Daniel Bruhl è impressionante nella sua totale mimesi di Lauda: lo ricorda in tutto, aspetto, movimenti, carattere, una performance assolutamente straordinaria che lo pone si d'ora come uno dei favoriti ai prossimi Oscar (sempre che l'Academy non snobbi, come spesso fa, le pellicole sportive).Ma, lasciatecelo dire, se per il pubblico neutro e per gli appassionati in erba di automobilismo (quelli che nel 1976 non erano nemmeno stati concepiti) Rush è 'solo' un gran bel film, per noi che siamo nati e cresciuti la Formula Uno di quegli anni, quella Formula Uno artigianale, pericolosa, eroica, epica... rivedere le immagini finali dei veri protagonisti, con i loro volti che dicono tutto senza parlare, ci provoca uno sconvolgimento nel cuore e nella testa. E' commozione pura, che non si può spiegare e che vale più di mille recensioni.