Interessi economici e geopolitici nello scontro tra Russia, Ucraina e Unione Europea
Quando durante il Natale del 1991 Michail Gorbacev annunciò la fine dell’Unione Sovietica, Fukuyama affermava che eravamo alla “ fine della storia”. E in quella cosiddetta “fine” vi era anche il futuro di tutti gli stati che avevano fatto parte dell’ex Unione Sovietica. Una fine che doveva, in realtà, segnare un inizio: quello dell’era della democrazia liberale , a cui anche gli ex stati sovietici andavano incontro. In realtà, quasi tutti gli stati che si erano riappropriati della loro indipendenza restavano sotto moltissimi aspetti e condizioni ancora molto legati a Mosca ed alla sua politica.
Una di queste era ed è ancora oggi l’Ucraina che, senza ombra di dubbio, può essere definita una costola della Russia. Geopoliticamente gli ucraini hanno delle dipendenze dai russi di ineludibile evidenza. Uno dei principali è l’approvvigionamento energetico. La compagnia russa Gazprom ha sempre fornito il gas al governo di Kiev a un prezzo di grande favore. Non bisogna neanche dimenticare che la Gazprom ha la rete di gasdotti più grande dell’intero pianeta e che le forniture verso l’Europa sono possibili anche verso i gasdotti che passano dall’Ucraina stessa. Gli interessi economici in ballo, quindi, sono giganteschi, anche solo a voler considerare l’enorme fatturato della Gazprom grazie alla forniture di gas in tutta Europa, Italia compresa. Ecco perché la Russia avrà sempre gli occhi puntati non solo sulla politica estera, ma anche su quella interna fatta da Kiev.
Ma gli interessi internazionali sui destini ucraini, soprattutto negli ultimi decenni, sono cresciuti anche da parte di tutto l’occidente. E, in particolare, anche da parte degli Stati Uniti. Avere un governo amico, in uno stato dove ci sono interessi economici cosi forti, ma che soprattutto confina con la Russia, significa avere una pedina molto importante a proprio favore nel grande scacchiere della politica internazionale. E qui, per capire cosa accade oggi , possiamo tornare indietro alla fine del 2004, quando il presidente filo-russo Victor Yanukovic venne costretto ad annullare le elezioni in cui era stato eletto presidente dopo le proteste e le accuse di brogli fatte dal suo avversario Viktor Juscenko che vinse le elezioni successive e divenne il presidente della nazione. Erano i giorni della cosiddetta “rivoluzione arancione” che Juscenko guidava in tandem con la “ passionaria” Julia Tymosenko.
E arriviamo a oggi, alla fine del 2013, quando la già precaria situazione economica porta nel paese il riacutizzarsi della tensione sociale. Ed esplodono le proteste contro Yanukovic. Ai cittadini che si oppongono al presidente tanto caro a Putin si uniscono anche militanti dell’estrema destra e, in alcuni casi, anche disertori delle forze di polizia. Per gli ucraini questo non è certamente solo l’ennesimo gelido inverno. È anche l’inverno in cui si scrive il futuro di una nazione sempre più in preda alle divisioni interne e agli interessi internazionali. Se gli ucraini riusciranno a risolvere tutti questi problemi non lo sappiamo. Per ora possiamo solo augurare loro buona fortuna.