Considerazioni dell'autrice
A distanza di un anno dalla pubblicazione del mio romanzo di esordio “L’anello d’oro” sono comparse sul Web diverse recensioni e ho anche avuto parecchi riscontri di lettura, il che mi invita a fare delle considerazioni.
Il libro si presenta come una blanda spy story con risvolto romance. E questo è il primo involucro, il contenitore che ho usato per veicolare, sia pure in modo leggero, un secondo aspetto, quello fantapolitico (più politico che fanta).
Le teorie che sottendono al fantasioso intrigo internazionale con divagazioni da X-files, non si discostano poi molto da quelle di blasonati saggi di Chomsky e Chiesa… Sono un punto di vista, estremo, sull'organizzazione mondiale del potere, più o meno condivisibile in toto, ma sicuramente con diversi innegabili punti di forza.
Il terzo aspetto che emerge è quello della sicurezza dei sistemi informatici e delle comunicazioni personali. Nel mondo attuale il concetto di privacy è quasi privo di significato. Tutto ciò che facciamo, diciamo, condividiamo è in realtà controllato e/o manipolato. Pensare che i nostri dati personali siano al sicuro e protetti è utopico. La nostra identità digitale, e non solo quella, è abbondantemente profilata, catalogata e utilizzata, spesso a nostra insaputa.
Il quarto aspetto è quello legato al mio amore per la Russia che pervade tutto il romanzo. Se vogliamo è la Russia la vera protagonista, un paese con mille contraddizioni e che però esercita un misterioso fascino sul viaggiatore, specie occidentale. La curiosità per la Russia mi accompagna da sempre. Inizia con il ricordo di infanzia di una matrioska, prosegue al ginnasio con la lettura dei classici e al liceo con l’ampliamento dello studio della storia russa, troppo sintetica e superficiale nei libri di testo. Negli anni dell’università inizio lo studio della lingua e dell’arte e poi, più tardi i viaggi che finalmente mi permettono di vedere dal vivo quello che avevo solo letto e studiato. Ma ripensandoci bene in quella matrioska dei miei ricordi c’è già tutto l’essenziale: la tradizione, lo spirito, l’infaticabilità, la fertilità, la centralità della donna, tutti particolari che caratterizzano il popolo russo. E c’è anche il gioco di scatole cinesi, una dentro l’altra, con la gioia di scoprire sempre qualcosa di diverso, di esplorare nuovi orizzonti senza mai sentirsi appagati, perché il punto di arrivo non c’è. C’è l’infinitamente piccolo racchiuso nell’immenso, c’è la catena del DNA che collega le generazioni, c’è il rosso che in russo ha la stessa radice di bello.
Devo dire che leggendo e ascoltando i diversi pareri sul libro, i quattro punti sono stati tutti colti. Ornella ha apprezzato il lato rosa e gli appunti di viaggio. Irma Loredana ha colto il messaggio politico. Fabio si è invece soffermato sui personaggi secondo lui ben delineati, mentre ha ritenuto che le frequenti descrizioni rallentassero il ritmo. A Chiara sono piaciuti trama, ambientazione e personaggi. Vittorio ha apprezzato i temi del viaggio e la spy-story ma non il romance. Endimione ha ritenuto belle le descrizioni di arte e architettura e ben congegnata la trama anche se il ritmo a volte subiva rallentamenti. Marcello, il mio editor, si è appassionato all’intrigo informatico e ha ritenuto scritta in modo efficace l’unica scena hot. Ad Anna è piaciuto il viaggio in Russia. Caterina non ha ritenuto abbastanza giustificato il cambiamento del protagonista attraverso il romanzo, ma ha apprezzato le descrizioni di viagigo. Antonella, che mi conosce da una vita ha ritrovato tutti i temi a me da sempre cari, primo tra tutti il confronto tra Oriente e Occidente. Tutti hanno comunque notato il protagonismo della Russia e dell’informatica.
Qualcuno ha osservato che i termini usati sono a volte troppo tecnici. E’ vero, però il tecnicismo è stato pienamente voluto. In fondo a discutere tra loro sono due informatici, esperti di crittografia e programmazione, non avrebbe avuto molto senso farli parlare come persone digiune di qualsiasi conoscenza di base. Siamo ormai abituati, anche da molte serie tv stile CSI, a sentire dotte disquisizioni di anatomo-patologi sulle cause di un decesso, perché non sopportare di buon grado anche quelle di due informatici? Il buon Umberto Eco direbbe che ho contravvenuto a una delle più abusate norme narrative per cui l’autore non deve mai dimostrarsi più informato del lettore medio, pena la disaffezione. E questo in effetti è stato uno dei meccanismi di successo della narrazione di Fleming e più ancora di Dan Brown. Ad esempio ne “Il Codice Da Vinci” l’esperto crittografo va in crisi nella decifrazione di un messaggio leonardesco permettendo al lettore di sentirsi gratificato dal trovare il metodo risolutorio dell’uso dello specchio prima dell’arguto protagonista.
Ma tornando al libro vorrei indicare un ultimo aspetto, quello legato al pensiero gorbacioviano. Il riconoscimento delle differenze tra i popoli, il cammino verso il dialogo, la necessità di integrazione in un mondo sempre più globalizzato sono alla base della filosofia del leader russo. I due protagonisti vivono in prima persona l’esperienza dell’interazione e della cooperazione tra Oriente e Occidente per risolvere i problemi. Guardare il paese e la cultura dell’altro con occhi diversi significa imparare un po’ alla volta ad accettarlo e ad amarlo. La pura ragione senza lo slancio creativo dell’amore rischia di essere improduttiva. Ksenja ha una funzione maieutica nei confronti di Peter aiutandolo a capire quello che già sapeva, ma non sapeva di sapere. Lo aiuta a compiere un percorso di condivisione e di conoscenza al di là della ragione e della logica. Il coinvolgimento di Peter nella relazione con Ksenja, con la Russia e con il club dell’anello d’oro procede lentamente ma inesorabilmente attraverso piccoli ma diffusi spunti di riflessione.
Detto questo, concludo dicendo che sono sempre contenta di ricevere altre impressioni, positive o negative. E sono soprattutto contenta di leggere, con gli occhi degli altri, le mie pagine.