La partita Usa - Russia 13 -6 disputata stamane, è stata una testimonianza del più che discreto livello tecnico e tattico raggiunto da tutte le 20 squadre mondiali.
Addirittura preoccupante in ottica Azzurra: sta a vedere che a oltre alle Eagles, notorie "pain in the ... neck" per tutti - s'è visto con l'Irlanda - ci sarà da smaltire pure l'Orso, tosto e pure manovriero?
Fortunatamente per noi tale preoccupazione è durata lo spazio una decina di minuti scarsa lasciando spazio a un'altra: anvedi 'sti Americani, son più tosti, organizzati e ficcanti di quanto si pensasse! Ma anche questa è sfumata, scuserete l'ottimismo auto-gufante, "mangiata" nel tempo che passava dalla mancanza di concretezza e dalla indisciplina delle Eagles, che ha lasciato spalancate le porte a 5 minuti finali "frantic".
Gli highlights ufficiali RWC sono come al solito molto ben fatti, li consigliamo per rivivere in immagini i fatti salienti che determinano la cronaca della gara.
I russi ultimi arrivati, 25' nazionale a partecipare a un Mondiale, esordiscono con primi minuti alla grande: fanno leva sulla fisicità da Est ma anche sullo sviluppo del rugby Sevens, impresso dai soldi che girano facili negli ultimi anni nell'ex Unione Sovietica. La pressione difensiva e offensiva, assieme a un po' di incertezze e la fallosità americane, procurano all'apertura Yuri Kushnarev i primi 3 punti mondiali delle storia del rugby russo. Due minuti dopo lo stesso fallisce un penalty invero molto difficile, quasi da metà campo e angolatissimo, facendo capire che il soprannome di "Jonny Wilkinson russo" calza, almeno a livello di intenzioni.
Da lì in poi è America. L'abilità delle Eagles è di verificare immediatamente le debolezze russe sui set piece: rimessa (dove comandano John Van der Wiessen di Bath, prima di Albi e Hayden Smith dei Sarries) e mischia ordinata, i russi rimangono senza rifornimenti.
La coppia di centri americani Suniula-Emerick riesce nei suoi break, Chris Wyles, il trequarti dei Saracens schierato estremo, pareggia il conto. Al 18', altro break dei centri con bei sostegni e finalizza in meta il mediano Mike Petri, l'anno scorso a Sale.
E' il momento migliore degli americani, quello più preoccupante in chiave Azzurra: schiacciano i pasticcioni russi grazie alle maggiori competenze nelle fasi statiche, all'organizzazione, alla confidenza nel muovere la palla e verticalizzare, ripristinano la solita impavida fisicità "alla Todd Clever" - ben supportato dai colleghi di reparto Stanfill e Johnson (Eccellenti, nel senso che sono passati dall'Italia) e del prop Mike McDonald del Leeds, uno molto attivo anche come ball carrier. Le Eagles comunque tornano presto a volare basso, dimostrando incapacità di trasformare in punti la netta superiorità in campo. Il punteggio rimane 10-3 fin oltre l'ora di gioco.
All'inizio della seconda frazione i russi provavano a reagire tentando muover palla al largo, non dal lato della loro stellina, un evanescente Artemyev ora ai Saints, ma da quello di Vladimir Ostroushko che resterà il più pericoloso dei suoi. La fisicità e la confidenza Usa ripristina il controllo delle operazioni, ma di nuovo manca la capacità di finalizzare: Wyles prima spedisce un penalty sul palo, poi tenta un drop, tutti i break (Wyles, Suniula) vengono sempre arrestati. Alla fine al 63' Wyle sfinalmente centra un facile penalty per il 13-3 della sicurezza.
Nell'ultimo quarto d'ora i russi ci riprovano, aiutati da un minimo riequilibrio nella mischia ordinata e soprattutto dall'esplodere della fallosità americana che cresce esponenzialmente all'aumentare della stanchezza (segnare, Azzurri). In particolare la grinta di Clever diviene perdita di testa (glie lo indica bene un russo, puntando l'indice alla tempia): probabilmente un fallaccio inutile costerà al capitano qualche turno di squalifica.
Non cambia invece il tasso di errori degli Orsi, che se all'inizio avevan messo in mostra una discreta propensione al gioco avanzante, poi han perso confidenza: evidentemente non sono ancora abituati a certi livelli di pressione difensiva.
La confidenza la perde del tutto il povero Kushnarev che va nel pallone completo, fallendo i tentativi più semplici di piazzare e di trovar la touch, fin che viene sostituito dal collega "second five eight" schierato col nr.13, il 32enne Constantin Rachkov che gioca nello Stade Phoceénne di Jonah Lomu. Il quale marca finalmente il 13-6 finale.
Gli ultimi istanti sono di sofferenza per gli americani, ma la mancanza di automatismi porta i russi all'errore che toglie le castagne dal fuoco.
Prova rinfrancante per le Eagles: rimangono squadra prettamente "rognosa", roba da terza linea profonda, ma col ritorno di Wyles e qualche spazio concesso ai centri Emerick e Suniula, mostrano di saper mettere in moto anche il reparto arretrato. In più sono esperti, nelle fasi statiche e in mediana (Petri). Ngwenya si dà un gran daffare ma non trova mai sbocchi: conoscendo i nostri polli Azzurri, sarà lui la mina vagante al largo (noi tendiamo a "stringere" la difesa e soffriamo le ali veloci "alla francese").
Tutto sommato buono anche il debutto assoluto dei russi, che tomi tomi quatti quatti strappano il punto di bonus e lasciano l'Italia all'ultimo posto nel girone. Gli Orsi fanno tutto sommato una figura forse migliore dei georgiani e non paiono così lontani dai rumeni, che superano certamente negli skill del reparto arretrato; per rimanere tra le minnows di quinta fascia (le ultime dei gironi), gli manca la determinazione e la familiarità con l'attrezzo e con le fonti del gioco dei namibiani.
Domani mattina alle 10.00 am la prima gara tra due compagini entrambe alla seconda partita: l'interessante Nuova Zelanda-Giappone, con un po' di "ritiri" da parte di Graham Henry rispetto alla formazione annunciata - fuori Dan Carter, Richie McCaw e Mils Muliaina. Pare si tratti di infortuni più o meno "veri", mica so' sudafricani ...
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