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Rwanda /Per Victoire Ingabire una sentenza giusta e imparziale

Creato il 06 settembre 2012 da Marianna06

Rwandaingabire

 

Si parla continuamente di riconciliazione in Rwanda ma le ferite del genocidio del 1994  non sono certo facili a rimarginarsi nei cuori e sulla carne viva di coloro che hanno perso i propri cari ,spesso interi nuclei familiari, trucidati brutalmente e, per giunta, con motivazioni razziali totalmente assurde.

Una seria documentazione libresca (saggi e romanzi) e anche fotografica ,attualmente, non manca di certo nelle biblioteche, nelle librerie e su internet, per chi intendesse approfondire.

Ciò significa, purtroppo, e ancora oggi, aria di forti sospetti ad ogni passo, e paura di destabilizzazione del Paese tanto da parte dei comuni cittadini quanto , soprattutto, da parte del potere politico in “sella”.

Un potere che ha fatto di tutto per ricostruire dalle macerie impresentabili di una terribile guerra civile  il piccolo Rwanda e lo ha fatto secondo standard europei- occidentali, a dire il vero, più che lodevoli a detta di chi lo ha visitato di recente.

Ora è normale che ci si attenda anche dalla magistratura ruandese una corretta valutazione dei fatti e quindi delle accuse per quel che riguarda la posizione giudiziale di Victoire Ingabire, una manager ruandese,costretta all’esilio in Olanda per ben 16 anni, in seguito appunto ai tragici eventi del suo Paese di cui sopra e che, al rientro in patria, in previsione delle ultime elezioni politiche, che hanno  riconfermato Paul Kagame presidente del Rwanda, si è beccata l’accusa di propaganda dell’ideologia del genocidio, di divisionismo politico e di attentato alla sicurezza dello Stato.

Chi a Kigali è più vicino a fonti informative attendibili e appartiene a coloro che   non hanno,per cecità ideologica preconcetta, necessariamente il dito puntato contro la Ingabire, ci spiega.

Quello che piuttosto deve essere accertato seriamente -egli dice- è, da parte dei giudici,  se c’è stata manipolazione e strumentalizzazione della donna ad opera dei componenti del partito di opposizione Forze democratiche unificate (Fdu-Inkingi), di cui la Ingabire oggi si dice leader.

Ora come ora, nella petizione presentata alla Corte Suprema dagli avvocati della Ingabire, si sostiene la contraddizione palese di alcuni articoli della Costituzione, che è legge fondamentale dello Stato.

E cioè gli articoli, rispettivamente 4 e 9, sarebbero contraddittori rispetto agli articoli 33 e 34 della stessa carta costituzionale in quanto quest’ultimi garantiscono la libertà d’espressione.

Ma sappiamo tutti ,e questo è valido non solo per il Rwanda, che in Africa la libertà d’espressione è sempre e soltanto “sub condicione”.

E le democrazie, lì dove esse si realizzano, sono ancora troppo fragili e non esenti dal tarlo della corruzione, più o meno a tutti i livelli, per potersi definire sul serio tali.

Occorreranno decenni e decenni ancora. Nulla nasce dal nulla ma, in particolare, nulla nasce saldo per “imitazione”. E importare la democrazia occidentale lì dove la cultura è, per storia e tradizioni, giustamente altra, non è un gioco. Né l’Africa gradisce affatto.

Allora ci sipuò solo augurare che la Corte Suprema si pronunci domani, 7 settembre, con la dovuta correttezza e imparzialità, tenendo conto anche che  la donna è in ingiusta detenzione addirittura dall’ottobre 2010.

Cioé pochi giorni appena dopo avere fatto rientro nel “suo” Rwanda.

I suoi ripetuti fermi, fino a giungere all’arresto definitivo, erano per altro  sempre esibiti, anche dalla stampa locale che sottolineava ampiamente, con le più pretestuose motivazioni e non sempre credibili.

 

   Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

  

 


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