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S. La nave di Teseo: il Ruolo del Libro per la Generazione Multitasking

Creato il 04 settembre 2015 da Dietrolequinte @DlqMagazine
S. La nave di Teseo: il Ruolo del Libro per la Generazione Multitasking

Sarà pure bello S. La nave di Teseo ma non è che abbia inventato chissà cosa. Quando ero giovane ed attraente stavo con un ragazzo che aveva il vizio di annotare qualunque libro di narrativa leggesse con rimandi ad esperienze personali, altre letture ed esegesi sulla vicenda del romanzo in questione. Una volta, nel caso di un Elogio della follia prestatomi da lui, mi divertii a rispondere a tutte le sue esternazioni con sapidi commenti. Egli, egolatrico come nessuno mai, quando si avvide dei miei contraccolpi in lapis, ri-ricambiò con puntigliose ricostruzioni di ogni precedente annotazione. Il capolavoro di Erasmo da Rotterdam divenne in quell'occasione il terreno ideale della follia grafomane di due compagni di penna con la mania della mistificazione.

Perché vi racconto questo aneddoto? Per potermi auto-citare visto che S. La nave di Teseo (tradotto in italiano da Enrica Budetta e pubblicato da Lizard, un piccolo ma giovanile ramo della Rizzoli) è "il terreno ideale della follia grafomane di due compagni di penna con la mania della mistificazione". Gli autori del libro sono Doug Dorst e J.J. Abrams. Del primo in Italia si hanno le scarne notizie bibliografiche copia/incollate dall'ufficio stampa dell'editore mentre del secondo le immeritate fanfare suonano pure qui (è francamente eccessivo tanto peso per uno che ha scritto due mediocri serie TV, prodotto decine di flop, girato il peggior episodio di Mission: Impossible e il cui obiettivo dichiarato è emulare lo Spielberg più tycoon e meno autoriale).

L'idea di base del romanzo S. La nave di Teseo è allo stesso tempo ardita e semplice: nell'era della parcellizzazione massmediologica di un singolo prodotto, sfruttato in diverse piattaforme che vanno dal cinema, al videogioco all'app, come può orientarsi verso questi mutati modi di fruizione di un pubblico trasversale il più austero dei mezzi di comunicazione? La risposta fornita dai due autori americani è progressivamente conservatrice. Invece di puntare su link esterni come DVD o vari ammennicoli allegati, Abrams e Dorst scelgono il recupero interno di certa specificità correlata all'oggetto cartaceo e impossibile da traslare in digitale. Parliamo naturalmente degli inserti fisici immessi tra le pagine volutamente ingiallite di un tomo di V. M. Straka che nella finzione giaceva impolverato in una biblioteca. E così in S. La nave di Teseo viene dato ampio spazio a fotografie, lettere, stralci di giornali universitari, copie di fax e persino tovaglioli adibiti a mappe. Il libro diventa il veicolo ideale per un mondo pre-digitale, capace ancora di narrare storie senza l'ausilio di un supporto audiovisivo.

Di fronte al proliferare di mezzi con enorme potenza virtuale i due scrittori sembrano dirci che questa radicalizzazione della nostalgia sembra essere l'unica strada per il cartaceo. La natura commerciale di questa operazione fa però sì che questo protezionismo sia bilanciato dal modernismo di alcune scelte stilistiche. La scelta di contornare con continue e fitte note a margine che rimandano ad una realtà - anch'essa fittizia - la primaria storia romanzesca si rivela sin da subito immersiva e immediata nonostante la difficoltà ricettiva. Il nostro livello di spettatorialità narrativa è duplicato (o forse anche più, visto che le sottotrame inerenti al mistero di Straka e alle vicende di Jen ed Eric sono anch'esse ulteriormente divisibili) rispetto a un normale romanzo. La diversa cronologia degli interventi dei due ragazzi, segnalata dal diverso cromatismo delle note, unita alla miriade di quantità di informazioni riversata, è infatti studiata per un pubblico giovane e multitasking, capace di compartimentalizzare negli appositi hard disk del cervello fatti e date da collegare al momento opportuno.

Tutte queste riflessioni sulla struttura intrinseca del libro andrebbero a cadere senza una forte intelaiatura narrativa di base. Anche in questa escursione letteraria Abrams coinvolge lo spettatore in una vicenda misteriosa e dai contorni poco chiari stimolando senza fine la sua capacità di collegare gli indizi. Da questo punto di vista il romanzo soffre dello stesso difetto di tutte le opere dell'autore americano: avvincente fino alla prima metà (disseminazione di colpi di scena) mentre la seconda si perde in una didascalica spiegazione di noiosa iper-geometricità. Anche la plausibilissima ipotesi dell'univoca identità tra Jen ed Eric (nonostante gli entusiasmi di alcuni internauti che credono di aver risolto il mistero di Atlantide) viene alimentata con strizzate d'occhio troppo palesi in questa continua ricerca di rilettura.

Il binomio Dorst-Abrams funziona però abbastanza bene nel suo complesso visto che l'esperienza del primo come romanziere e professore di scrittura creativa dona un'inusitata qualità letteraria alle continue invenzioni del secondo. In S. La nave di Teseo vi è un gradevole e partecipe sviluppo dei personaggi unito a una credibile trattazione drammatica, assenti nelle altre opere di Abrams. Una collaborazione che vorremmo vedere riproposta in altri media e che forse avrebbe giovato anche all'imminente Star Wars: Il risveglio della Forza.


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