E anche la seconda stagione delle cronache Anviliane è giunta al termine. Non ho molte parole da dire, solo ringraziare tutti coloro che seguono il blog con costanza. Quest’ultimo episodio della serie è dedicato a voi. Un giorno, quando tornerà il freddo, partirà la terza serie. Forse.
J.A.
E sentire che passano giorni e giorni,
con la promessa di sane allegrie
che una lontana sera sentiremo arrivare.
(Pablo Neruda, Della mia vita di studente)
Mentre spengo un fuoco mi chiedo se sia giusto farlo. Mi scotta ma fa anche luce. È vero che nel buio si vede, se sai dove guardare. Scintille. (che genesi)…(immensa?). Non esiste genesi migliore. Voglio una scintilla: Ne basta una. Per farmi capire come mi muoverò al buio. Solo un punto di riferimento.
Una piccola voce: Mamma, non voglio andare a casa!
(Non c’è miglior figura di una giovane madre che conosce le priorità di sangue)
Dà un tale coraggio da poter pensare di ricomporre un mondo intero, esploso.
Il silenzio radio durante le situazioni critiche è sempre stata la peggior tortura, da queste parti. Non avere notizie, quando sai che in realtà ci sono e sarebbero vitali. Solitudine, solo apparente. Necessaria, dolce. Mi lascio andare nel vuoto, per plasmarlo, nuovo. In continuo mutamento, bufere di pensieri che cercano spazio per esprimersi con tutti i gesti e le voci del mondo. Per un attimo capire che la fuga non è un sentiero di salvataggio. E non fuggire. Questa ex città, provincia dell’impero, dilettante e capace di brevi slanci prodigiosi, pornografica e austera, attraente come una grande calamita. Un bacio suadente, da mangiarsi le bocche e le pance, per finire un’attesa fisica e morale che scoperchia i nervi. Fa tremare la terra.
Nostra signora della piacevole confusione.
Ho già dimenticato gli attacchi oscuri del precedente cammino, metabolizzato la perdita di una parte di me, che era giusto scomparisse. È solo l’inizio, senza vestiti nuovi ma con una pelle sempre più elastica e avvolgente.
E così, lento processo di mutamento, inesorabile, che rilascia sapore di zucchero e di latte acido, annuncia il cambiamento, il rigoglio. E quando gli altoparlanti di stato suonano un canzone che normalmente non fa commuovere e gli occhi si gonfiano capisco che l’epidermide sta cambiando, di colore, di sostanza…che sta sparendo la terra sotto i piedi ma che posso fluttuare senza paura di non tornare giù.
Le targhe non servono a nulla, i documenti d’identità ancora meno. La terra è una sola, per tutti. Uomini sciagurati.
E’ stato un tempo il mondo giovane e forte,
odorante di sangue fertile,
rigoglioso di lotte, moltitudini,
splendeva pretendeva molto…
Famiglie donne incinte, sfregamenti,
facce gambe pance braccia…
(C.S.I.- Del mondo)