Nara cixiri, la pronuncia della x sarda vale quanto un’analisi del Dna per stabilire la sardità degli individui. Nara cixiri, dì cece – urlavano i popolani di Villanova, Stampace e Marina, in faccia ad ogni persona in sospetto d’essere piemontese, nell’acropoli di Castello messa a soqquadro dalla ribellione in atto. Era il 28 aprile del 1794; nella tarda mattinata di quel giorno, due esponenti di spicco della borghesia intellettuale progressista, gli avvocati Cabras e Pintor, vennero arrestati con l’accusa di attività sovversiva. Il vaso era colmo; la voce dell’arresto corse di bocca in bocca, nei tre quartieri popolari; i cagliaritani presero in massa d’assalto le porte dell’acropoli, il quartiere-fortezza di Castello, dimora dei burocrati sabaudi. Con estrema facilità, disarmarono i soldati posti a guardia, appropriandosi delle loro armi e puntando i cannoni contro il Palazzo Viceregio. Balbiano, il vicerè, si era già rifugiato nell’arcivescovado, insieme alla sua corte. Venne scovato e posto in stato di fermo, così come gli oltre 500 funzionari piemontesi. Pochi giorni dopo, in corteo, umiliati dallo scherno del popolo che ne accompagnava il passaggio, i piemontesi vennero condotti in porto ed imbarcati verso il continente. I tre rami degli Stamenti (il Parlamento istituito da Pietro il Cerimonioso nel 1355 e mai convocato da quando i Savoia avevano preso possesso dell’isola) si autoconvocarono e di comune accordo con la Reale Udienza (una sorta di Consiglio Superiore della Magistratura) si adoperarono per il ritorno all’ordine. Nonostante l’apertura dei lavori alle fasce borghesi e popolari, la componente aristocratica ed ecclesiastica degli Stamenti fece prevalere la linea lealista di dialogo con la corte di Torino. Vittorio Amedeo III, per placare le acque e consentire l’insediamento del nuovo viceré a Cagliari, nominò due sardi per importanti incarichi: Gavino Paliaccio, marchese di Planargia, come Generale delle Armi e Girolamo Pitzolo come Intendente Generale. In realtà, più che una concessione, la mossa del Re fu il tentativo, destinato ad avere successo, di dividere il fronte dei sardi: i due nuovi funzionari, infatti, erano entrambi espressione dell’aristocrazia conservatrice, interessata ad avere ruoli ufficiali, ma contraria all’apertura delle cariche alla borghesia e al popolo. Paliaccio e Pitzolo, sazi della posizione raggiunta, attuarono una politica repressiva nei confronti dei democratici e finirono con l’essere trucidati nella sommossa popolare del luglio del 1795.
Il 28 aprile 1794, dal 1993 festeggiato ufficialmente come “Sa die de sa Sardigna”, ma passato alla memoria popolare come “Sa die de s’acciappa” (il giorno della cattura), fu la conseguenza naturale di una tensione che era andata montando nell’ultimo anno. Nel febbraio del 1793, i sardi avevano dovuto fronteggiare un poderoso tentativo di invasione dei francesi che riuscirono ad occupare temporaneamente l’Isola di San Pietro. Il tentativo di sbarco a La Maddalena di un contingente corso che annoverava un giovane Luogotenente di nome Napoleone Bonaparte, venne respinto grazie all’audace raid del nostromo autoctono Domenico Millelire, considerato la prima Medaglia al valor militare della storia d’Italia. Cagliari venne cannoneggiata, ma resistette. I francesi tentarono lo sbarco nella spiaggia di Sant’Andrea, nel litorale di Quartu Sant’Elena, ma i volontari sardi si dimostrarono all’altezza dei sassarini sul Carso e cacciarono definitivamente gli invasori. Il valore dimostrato dai sardi nel respingimento dei francesi non fu adeguatamente gratificato dal Re, il quale si limitò ad elargire qualche prebenda, senza dare segno di aperture politiche. La delegazione di sei membri degli Stamenti, due per ogni ramo, incaricati di portare le richieste di rinnovamento elaborate dall’assemblea a Torino, venne fatta attendere per tre mesi ed infine liquidata con un secco rifiuto. Anzi, gli esponenti stamentari più democratici iniziarono ad essere attenzionati dalla polizia sabauda e sottoposti a procedimenti ad ogni occasione, fino all’arresto degli avvocati Cabras e Pintor che scatenò Sa die de s’acciappa.