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“Sa nott’e xena” e “Sa Miss’e Puddu”: Notte di Natale in Sardegna tra sacro e profano

Creato il 20 dicembre 2011 da Yellowflate @yellowflate

caminettoIl Natale trascorso in famiglia in Sardegna era l’occasione di riunirsi tutti intorno al caminetto che rende più suggestivi l’ambiente festivo e l’attesa della “Notte di Natale”.

Anticamente era consuetudine imbiancare anticipatamente il camino per mettere a bruciare durante la vigilia, un grosso ceppo appositamente tagliato e conservato per l’occasione,: “su truncu de xena ” , che doveva restare acceso per tutto il periodo delle festività. Accanto al focalare si riuniva l’intero gruppo familiare per consumare l’abbondante e saporita cena, a base di porchetto , agnello o capretto arrosto, di frattaglie (sa tratalia e sa corda) e salsicce de su mannale, il maiale allevato in casa e macellato nel mese di novembre.

“Sa nott’è xena” era caratterizzata da un’aria di festosa letizia, anche perché la carne era consumata raramente.
Comunque i preparativi per il “cenone” iniziavano già da alcuni giorni precedenti. Erano cibi che dovevano poi essere consumati obbligatoriamente, perciò si ammonivano i bambini a mangiare, altrimenti la strega “Maria Punta ‘e Orru” o “Palpaeccia”, accorgendosi del loro ventre vuoto, durante il sonno avrebbe infilzato la loro pancia con uno spiedo appuntito, oppure avrebbe messo sul loro stomaco una grossa pietra per schiacciarlo.
Era anche la notte di antichi racconti che costituivano il vasto repertorio della tradizione orale, storie che oscillavano tra il fantastico ed il reale.

In alternativa l’attesa veniva trascorsa con giochi di società tradizionali

“Sa nott’e xena” e “Sa Miss’e Puddu”: Notte di Natale in Sardegna tra sacro e profano
“su barrallicu” , “punta o cù”, “cavalieri in potu”, “tòmbula”, “matzetu” e “set’è mesu”. Nel Campidano di Cagliari prima della messa natalizia era  tradizione esebirsi nel ballo sardo, al suono delle launeddas.

Erano le campane che richiamavano i paesani per , “Sa Miss’ e Puddu”, “la messa del canto del gallo”, un’importante occasione per le donne in attesa di compiere pratiche magico-religiose per tutelare la nascita del loro bambino. Si riteneva infatti che, con la partecipazione della gestante alla messa di Natale un possibile bimbo malformato da lei portato in grembo si sarebbe trasformato in normale.
Si credeva inoltre che i nati la notte di Natale non perdessero nè denti e né capelli o che, coloro che nascevano in quella notte, potessero preservare dalle disgrazie sette case del vicinato.
Spesso l’animazione durante la messa diventava  vero e proprio baccano proprio.

Molti giovani si davano a scherzi e lazzi: legare fra loro le frange degli scialli delle donne più anziane o cucire fra loro le gonne delle ragazze o si lanciavano gusci di noci, mandorle o scorze di mandarino, che tenevano appositamente nascosti nelle proprie tasche, oppure li lanciassero verso le ragazze più carine per molestarle, facendo allo stesso tempo apprezzamenti e battute su di loro.
Finita la messa per strada rimanevano soltanto gruppi di giovani che continuavano i festeggiamenti, con balli, canti, schiamazzi e grida d’ogni genere.


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