Lungo la passeggiata di Pisa le vetrine galleggiano, colori in cialde, riflettori, cerniere, sbuffi di macchine espresso. È normale di sabato sera vedere donne col trucco e un po' di tacco, parlare tutti a voce un po' più alta. Tenere la testa un po' più alta. E camminando la mia cena guadagna il suo spazio acido fra i visceri, si scioglie, è già quasi una forma di tepore, una specie di sangue che arriva, quasi un'allegria. È bello sentirla giocare sotto il velo del trucco, fra le stille dei bulbi sparsi nel grasso della pelle. E mentre godo di tutto questo trovo a bordo strada un uomo e una donna buttati su una coperta, fra loro c'è solo uno zaino e una ciotola di latta, qualche bottiglia di birra. la donna ha già lasciato cadere la bocca, l'uomo le regge la faccia e le parla come chi ha trovato una grande speranza. La donna forse lo vede e prende i suoi baci, il mento un po'sceso, il ventre già rilassato, le mani lucide fra i bastoncini come ossa di siringa, i fazzoletti leggermente spruzzati, un misto di sangue e di notti di fiume. Lei prende in suoi baci e lo spettro delle mie energie sventaglia nelle sue qualità incoerenti: elettrica, chimica, sottile, lorda, lorda come il lordume che mi porto dentro come una porpora fumante, come una colpa. Ma nel frattempo lei ha smesso di ascoltare ed è già volata via