Sabbie immobili, l’identità a rischio del Turkmenistan

Creato il 11 marzo 2015 da Pietro Acquistapace

Deserto del Karakum – Turkmenistan

Il deserto ricopre l’80% del territorio del Turkmenistan, il sottosuolo è talmente ricco di gas da farne il quarto paese al mondo per riserve stimate. Non è un caso che periodicamente in Europa si torni a parlare del Turkmenistan come di un’importante fonte energetica alternativa. Alternativa a cosa? Alla Russia, ovviamente. Così è stato anche in occasione della gravissima crisi ucraina, che tocca anche il rapporto con Mosca dei paesi centroasiatici, innescando meccanismi identitari e sconvolgendo sottili equilibri politici; tutte questioni alle quali il Turkmenistan ha sempre tentato di restare estraneo, ma sembra proprio che Asghabat debba fare i conti con la realtà internazionale.

Ancora una volta la UE è intenzionata ad intraprendere un’offensiva diplomatica verso paesi come Azerbaijan, Algeria ed appunto Turkmenistan. L’obiettivo è collegare, dove possibile, le fonti energetiche al gasdotto TAP (Trans Adriatic Pipeline) ed implementare la realizzazione del Southern Gas Corridor, recentemente dichiarato “progetto di interesse comune” permettendogli quindi di bypassare molte delle pastoie burocratiche dell’Unione Europea. Elemento centrale del progetto l’Italia, dove si confida che Matteo Renzi saprà tacitare le proteste ambientaliste ed i malumori degli amministratori locali coinvolti. Ulteriore obiettivo evitare gli errori fatti con il progetto Nabucco, ossia dare per scontato che gli interessi economici portino supporto politico.

Tuttavia, i progetti europei rischiano di trovare una barriera quasi insormontabile nelle vesti di Iran e Russia, paesi alleati nella battaglia per la definizione dello status giuridico del Caspio, mare o lago? Con questi due paesi il Turkmenistan ha importanti rapporti commerciali, soprattutto con la Russia erede dell’URSS. Il tema dei lasciti sovietici è delicato per tutta l’Asia Centrale, in particolar modo per Asghabat, che al momento della sua indipendenza si è trincerata dietro la dottrina della “neutralità positiva”, vale a dire un vero e proprio isolamento. L’idea di Nyazov, ormai defunto padre padrone del Turkmenistan, era di chiudersi nei propri confini e costruire un’identità turkmena.

Le condotte di gas sono quanto di più internazionale esista, senza di loro il gas resta immobile il che sembra assurdo, nonché drammatico, per un paese dalle riserve del Turkmenistan. Non ci volle molto perché alla morte di Nyazov, nel 2006, il suo successorre – ed ex dentista personale – Garbanguly Berdimuhammedov riprendesse i rapporti con Mosca, rapporti tuttavia mai diventati idilliaci, ancora oggi il rapporto tra i due paesi resta teso, caratterizzato da sfiducia e competizione. Il Turkmenistan si è sempre più rivolto verso la Cina, dove ormai sono dirette più della metà delle esportazioni energetiche turkmene, ma si cerca in tutti i modi di non tagliare i rapporti con la Russia.

Per la prima volta quest’anno, il Turkmenistan non ha celebrato la sua giornata della memoria, vale dire l’anniversario della sconfitta di Geok-Tepe del 12 gennaio 1881. In quell’occasione le armate russe guidate dal generale Skobelev, sconfissero definitivamente la resistenza dei razziatori nomadi turkmeni, conquistandone il territorio. I morti furono quasi quindicimila e la fortezza di Geok-Tepe entrò nella Storia collettiva dei turkmeni. La celebrazione, istituita nel 1990, è stata spostata ad ottobre ed unita alla commemorazione di un terremoto che nel 1948 distrusse l’odierna capitale del paese facendo 110mila vittime. Nella decisione presa dal governo turkmeno si può vedere chiaramente la volontà di non irritare Mosca.

Nonostante il ministro degli esteri russo Lavrov, abbia recentemente celebrato con Garbanguly Berdimuhammedov i 70 anni dalla seconda guerra mondiale, i rapporti restano instabili. La neutralità positiva potrebbero davvero diventare un ricordo, come la celebrazione dell’identità turkmena.

Fonte immagine: Wikicommons


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