SAFET ZEC A VENEZIA
breve biografia dell’artista
“Safet Zec è nato in Bosnia nel 1943, ultimo di otto figli di un calzolaio .
La sua formazione avviene alla Scuola superiore di arti applicate di Sarajevo e, quando giunge all’Accademia di Belgrado, è considerato quasi un prodigio. A Belgrado incontra la moglie artista Ivana ed è in quel periodo che restaura una vecchia casa nel quartiere ottomano dell’antica città di Pocitelj. Nel 1987, torna a vivere a Sarajevo, mantenendo la casa e il lavoro a Pocitelj; già allora pittore affermato non solo nel suo Paese ma anche a livello internazionale,viene invitato ad esporre in molti paesi dall’America al Giappone.
Con lo scoppio della guerra, Pocitelj viene distrutta e, con essa,tutte le opere incisorie dell’artista. Morte e distruzione a Sarajevo lo costringono a fuggire con la famiglia. Nel 1992 è a Udine dove ricomincia a lavorare grazie all’aiuto generoso dello stampatore Corrado Albicocco, per poi giungere a Venezia nel 1998.
Dalla fine del conflitto l’artista ha ripreso un’assidua frequentazione con la sua terra.
Nel cuore di Sarajevo lo Studio-collezione Zec è stato riaperto ed è ora un centro di
iniziative culturali, oltre che sede espositiva delle sue opere; nel dicembre 2004 lo studio
ha ospitato la centesima mostra dell’artista. Sempre nel 2004, in occasione dell’apertura
del nuovo ponte di Mostar, è stato presentato un libro di incisioni curato dalla Scuola
di Urbino su lastre di Zec. In futuro, la sua casa-studio di Pocitelj, ora restaurata, ospiterà
una scuola di grafica.
Tra i più recenti e significativi riconoscimenti a Zec si segnala: nel 2001, Martine Aubry,
dopo aver visto le sue opere a Venezia, ha invitato l’artista a Lille per una mostra antologica presso la chiesa abbandonata di Sainte-Marie-Madeleine, recuperata per
l’occasione; un autoritratto di Zec è stato esposto tra quello di Picasso e di Duchamp
alla mostra Moi!, realizzata lo scorso anno dal Museé du Luxembourg di Parigi; lo scrittore e filosofo Jorge Semprun sta lavorando a un saggio sul suo lavoro.
Nel 2003 ha ricevuto il premio “Leonardo Sciascia” per l’incisione. Nel 2005
l’International League of Humanists gli ha conferito il premio umanistico Linus Pauling.
Nel 2007 il Ministero della cultura della Repubblica Francese gli ha conferito il titolo di
“Chevalier de l’ordre des Arts et des Lettres”.
Quando guardi i suoi dipinti, il tempo si ferma, perchè è come se senti una voce che esce dalla tela e che si mette a parlare con te. Quella figura lì sulla tela non è affatto una semplice riproduzione che potresti osservare distrattamente; QUELLA FIGURA ti rendi conto che è come se fosse viva.
L’uomo che è l’artista ha il potere di conquistarti subito, come se fosse entrato in casa tua un amico che aspettavi da tempo, che non sapevi d’avere, e che appena vedutolo già vorresti sapere tutto di lui, e raccontargli la tua vita, le tue sofferenze, le tue gioie.
Quando guardi i suoi nudi, i suoi volti scavati dal tempo che non ha avuto pietà ma che non ha saputo spegnere il soffio della vita, o quando guardi le sue case, le sue cose, i suoi colori, i suoi morti, i suoi particolari di natura immobile, ti senti di guardare nudità familiari, fragilità indifese che ben conosci o potresti conoscere, ti senti di rivedere dimore già viste o immaginate nella loro intimità, di osservare le tue cose più care messe sulla finestra del mondo, ti metti alla rincorsa della memoria dei tuoi colori, improvvisamente la tua umanità ferita e compassionevole non è più sola, e ti dici sorpreso: ” Ma guarda, come è facile riconoscersi e mettere tutti d’accordo sul bello, quando il bello è anche il buono della vita che vuole emergere dal buio dell’infelicità e delle brutture del mondo…”
Le sue immagini celebrano la volontà vivente nella sua più assoluta purezza e semplicità, contro l’effimero o il mondano o il grottesco di cui siamo ormai talmente invasi e ricolmi da esserne a nostro pericolo letteralmente tramortiti e schiacciati.
I colori sono le tinte dell’anima e non quelle di una apparente tavolozza; ti viene spontaneo chiederti: “Ma come si può diventare tanto bravi, da dove ha ricavato la luce, e l’immobilità dei corpi che impercettibilmente si muovono, ed il respiro dei volti che trasudano sentimento?”
Quale immensa magistrale maestria dietro ad ogni colpo leggero di pennello…e quale amore per l’umanità celebrata come un grande, da un grande, ma che si è sempre confuso tra i normali…
Viva Safet Zec.
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