Ti racconti, ogni sera, seduta in giardino, mille avventure, quasi tutte vere, qualcuna, chissà. Sarà forse anche l'età. A più di ottanta anni, paghi ancora in lire e parli un dialetto, spesso incomprensibile. Ma lui, il compagno di una vita intera, lo ricordi bene. Non piangi, ma ti agiti quando lo rammenti e parli con lui nel vento. E lo chiami per nome. Gli racconti di stamattina che sei andata all'ospedale a farti le analisi. Chissà se lui ti risponde. Poi ti accorgi che stai parlando da sola e taci per qualche momento. Ti guardi intorno, fai spallucce e cambi discorso. Ora ci metti anche la mimica. Chissà se ti aiuta a ricordare meglio. E con l'indice disegni scenari immaginari. Sensazioni vissute, una lunga vita che ti si prospetta tutta davanti. E quando mi chiedi come io stia, io che ho la metà dei tuoi anni, ridacchi nel sentire che sono tutta uno scricchiolio. Te la ridi da sola. Affermi che, chi non ha visto la guerra, è dolorante dalla nascita. E quando ho un colpo di tosse, mi apostrofi con un 'fuma'. Fuma e stai abbassata su quel trabiccolo che avete sempre in mano. Ci fate l'amore con quelle robe infernali. I così, lì, quelli che si premono i tasti. Ascolto la tua saggezza, da un cortile all'altro.
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