Sai tenere un segreto?

Creato il 06 febbraio 2015 da Agipsyinthekitchen

Sai tenere un segreto?

Uno di quelli importanti – di quelli sussurrati, mai detti, sospirati.

Quelli che appena si traducono in fumetto d’aria, vorresti solo far tornare nei pensieri per seppellirlo in ricordi del cuore. Quello che non sa di nulla se non di parole non dette, vaniglia e quel gusto di proibito che ci perplime tra la voglia di volare e quella invece di ancorarci al terreno.

Gli amanti – coloro che si amano – si sussurrano segreti che mai diranno ad altri, ma che per loro sono verità indelebili e mai celate. Ogni bacio è un sorriso della memoria, ogni rituale domestico è un nuovo patto di alleanza rinnovato. E’ quel segreto che è fatto di promesse, desiderio, fedeltà e passione, che cementifica ponti e issa castelli inesplorati e le cui stanze danno accesso a giardini incantati e Eden sognati. Quei segreti che scorrono come un ruscello di acqua felice che connette città distanti e leviga pietre, trasformandole in opere d’arte, trascinando tra zampilli pesci colorati e cantici di sirene. Quei segreti che chi si ama conosce – la mappa dei nei, le piccole consuetudini, quella famigliarità che gli amori grandi regalano con un tale apporto di grazia da apparire un miracolo.

Le amiche – sorelle di cuore, anime gemelle che si incontrano in tutte le nostre vite, sempre loro, sempre insieme, pronte ad aiutarsi vicendevolmente, proteggendosi, raccogliendo pezzi e rincollando destini. I primi baci, il gelato le sere d’estate. Le gonne a pieghe tirate un po’ su, lo scambio di smemorande, le bambole di carta. Bigliettini a scuola, la prima sigaretta che fuma in bocca. Canzoni alla radio, canzono stonate. Amiche che a volte si raccontano , ma mai si tradiscono. Pedicure insieme, la discoteca del sabato pomeriggio. Magliette di Fiorucci rubate di nascosto, lo zaino della Naj-Oleari e le felpe prestate e poi dimenticate. L’università, i viaggi e il ritorno a casa.

Quanti segreti siamo capaci di tenere?

Quanta lealtà nell’osservarci e nel proteggerci vicendevolmente?

Abbiamo girato questo video per #grandmarniergoesgipsy, dove ho imparato a fare il miglior cocktail invernale – tè caldo e buccia d’arancia, Grand Marnier e miele – in uno speakeasy, il 1930, qui a Milano. Non posso dirvi dov’è…è un segreto, uno di quelli che a noi milanesi piace conservare segretamente e custodire per portarci le amiche francesi , gli amici americani, i colleghi inglesi e a volte anche i nostri papà. E’ un posto magico, ex rifugio di partigiani durante la seconda guerra mondiale. Sa di mattoni rossi a vista, c’è un piano meraviglioso e ogni tazza, bicchiere e caraffa è una storia da raccontare e immaginare e immagazzinare, anche.

Speakeasy, ovvero, da Madame Wikipidia:

uno speakeasy, chiamato anche blind pig o blind tiger, è un esercizio commerciale che vende illegalmente bevande alcoliche. Tali esercizi furono in auge negli Stati Uniti durante il periodo conosciuto come proibizionismo (1920–1933, più a lungo in alcuni Stati). Il termine speakeasy sembra essersi originato in Pennsylvania nel 1888, quando la legge Brooks High sulle licenze commerciali aumentò la tassa statale per una licenza di saloon da 50 a 500 dollari. Il numero di bar legali crollò drasticamente, ma alcuni bar continuarono ad operare illegalmente. Kate Hester aveva in gestione un saloon a McKeesport, appena fuori Pittsburgh. Si rifiutò di pagare la nuova tassa e continuò la propria attività. Per evitare che il suo business illegale potesse attirare l’attenzione delle autorità, quando i suoi clienti erano troppo turbolenti, lei li avrebbe zittiti sussurrando

Speak easy, boys!” “Parlate piano, ragazzi!”.

Questa espressione divenne comune a McKeesport e si diffuse poi a Pittsburgh.[1]

Buffo come le prime impressioni possano rendere la verità molto lontana dalla realtà.

L’abito non fa il monaco, eppure perché continuiamo a credere che le prime impressioni siano sempre quelle giuste?

Qual’è il confine tra il nostro istinto e una superficialità latente in ciascuno di noi, che rende più facile giudicare a priori, invece che approfondire conoscenze, in nome di una sorta di pigrizia esistenziale che ormai pregna le nostre esistenze, e ci induce a passare tanto tempo con la faccia incollata allo schermo degli smartphone e la testa ancorata a likes e commenti fittizi, invece che guardare negli occhi una persona, conoscere sconosciuti che hanno solo voglia di raccontare storie – quelle storie che poi faranno la nostra, di storia.

Ricordo che una volta andai in un locale simile a Parigi: dal fuori una pizzeria, una di quelle che non ci entreresti nemmeno con tutta la fame post atomica del mondo. Poi ci entri, fai un cenno al finto pizzaiolo e ti viene aperta una porta, in genere piccola, che porta a esperti bartender che con fantasia ascoltano i tuoi guai, preparandoti i cocktail in genere più buoni che tu abbia mai ricordato di bere.

Personalmente mi sono bevuta 4 tazze di Mag Marnier. Facile da rifare a casa, è anche la ricetta che trovate all’interno della nostra favolosa scatola packaging che abbiamo creato in tiratura limitata con Grand Marnier, per San Valentino. Vi ricordate? Ne abbiamo già parlato. Il mio fidanzato e il suo socio sono riusciti a traslare il concetto Gipsy e renderlo solido e reale. In vendita esclusiva da Peck a Milano, ne sono state prodotte solo 70. E all’interno  persino la mia ricetta per le madeleines all’arancia.

Madeleiens  al profumo di Arancia

Ingredienti:
2 arance
150 gr di farina 00 setacciata
125 gr di burro ammorbidito
150 gr di zucchero
2 uova grandi
2 cucchiai di latte
1 cucchiaino di lievito chimico
vaniglia ( di quella buona però!)

Sbattete le uova con lo zucchero fino ad ottenere un composto bianco e spumoso .
Aggiungete progressivamente la farina e il lievito, poi unite il latte e il burro ammorbidito.
A questo punto aggiungete la vaniglia: mi raccomando però che sia buona, ottima e soprattutto bio.

Aggiungere la buccia grattugiata delle arance.

Mettete l’impasto in frigorifero per almeno 30 minuti.
Nel frattempo preriscaldate il forno a 230°C.
Versate poi un cucchiaio di impasto in ogni alveolo, e infornate a 220°C per i primi 4 minuti. Poi abbasstae la temperatura a 180°C per altri sei minuti.

MAG MARNIER COCKTAIL di Francesco Mandrà

Ingredienti

30 ml di Grand Marnier Cordon Rouge

60 ml di acqua

tè chai alla cannella e zenzero

7 ml di succo di limone

15 ml di miele ai fiori di arancio (equivalenti a 4 cucchiaini da caffè)

una scorza di arancio

Preparazione

Riscaldare (senza fare bollire) Grand Marnier, acqua, limone e miele. Servire il contenuto in una tazza da tè ed inserire la bustina del tè allo zenzero e cannella. Tenere in infusione per 1 minuto e mezzo. Spruzzare gli olii essenziali della scorza di arancio a preparazione terminata ed inserirla come guarnizione. Il consiglio in più: per chi ama i gusti più dolci, lasciar raffreddare il cocktail prima di degustarlo.

ELISIR D’ORANGE di Flavio Angiolillo

Ingredienti

15 ml Grand Marnier Cordon Rouge

5 ml agave syrup

20 ml birra chiara “lager”

5 ml Petrus

22 ml vermut dry francese

15 ml Rossi D’Angera bitter

4 dashes elemakule bitter

Preparazione

Fare scogliere l’agave con la birra direttamente nel bicchiere, unire tutti gli altri ingredienti, miscelare senza ghiaccio per fare amalgamare il tutto e poi aggiungere il ghiaccio.

Tecnica build.

Ringraziamenti

Il barman si chiama Francesco Mandrà, la barlady Elena Del Magno.

Abiti : Christian Pellizzari

Gioielli: MiuMiu, Ca&Lou


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