Un deciso tuffo nel passato (anni ’80 e dintorni, per la precisione) per la vocalist dei Groove Armada.
Becky Jones se ne esce con Union, noncurante di quello che le succede attorno. Un disco anacronistico, questo, frutto di evidente lavoro di raccolta di ricordi e riflessioni sulla società odierna. Ambientazioni 4AD-style e mood pensoso, consono a tutti quelli che ancora sono rimasti orfani di Cocteau Twins e Kate Bush. Scontato ribadirlo, ma quasi tutto l’album è permeato della stessa atmosfera, di quell’afflato etereo che spesso s’è ascoltato in quegli anni, ma è stato riproposto più volte (troppe) nel corso di quelli successivi. “Tightrope” ha quella base di batteria che sembra mutuata dai Portishead più scontati, quindi niente di nuovo sotto il sole. Altre volte fanno capolino chitarre wave esili che neanche The Edge, mentre “I Call This Home”, ma anche “This Aint No Hymn”, sono copie-carbone di un qualsiasi out-take di Kate Bush (ancora). Potrebbe poi risparmiarsi il featuring rap in “Domino”, ma – si sa – in Gran Bretagna certe cose vanno sempre di moda. I toni si fanno robotici in “Jennifer” e cameristici in “Reasons”, la voce della Jones è delicata e sussurra la sua indolenza imbevuta di tinte soul (qui vanno meglio le cose, anche se purtroppo la somiglianza con Antony è impressionante), ma in buona sostanza trattasi di una pubblicazione non proprio necessaria.
Ottima vocalist, certo, e si capisce che sta anche cercando una sua strada. Doti tecniche a parte però, il percorso intrapreso è irto di difficoltà: e se continua cosi la ragazza si perderà nell’indistinto mare magnum di uscite tutte simili. Rimandata al prossimo disco.
Tracklist
01. Mercy
02. Tightrope
03. I Call This Home
04. Liberty
05. Fight
06. Reasons
07. This Aint No Hymn
08. Jennifer
09. Domino
10. The Rain Falls On The Just
11. Dreamtime
12. Fallen Trees
13. Horse