Salari e qualificazione: la fuga verso gli estremi

Creato il 20 ottobre 2014 da Sviluppofelice @sviluppofelice

l’articolo  20/10/2014 di Valeria Cirillo

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Ma è poi vero che le nuove tecnologie fanno crescere la qualificazione media dei lavoratori?

Negli ultimi anni è stata ampiamente riconosciuta nei paesi occidentali una tendenzaverso la polarizzazione dell’occupazione e dei salari: in termini percentualil’occupazione e il monte salari crescono per i lavori che stanno agli estremi della scala delle qualifiche. Ciò avviene nel Regno Unito e negli Stati Uniti,ma anche in Germania, Portogallo, Spagna,e a livello aggregato in Europa.[1]

Come causa di questo fenomeno sono stati indicati diversi fattori, fra cui la routinizzazione delle mansioni, derivantedalle tecnologie informatiche;[2]il cambiamento nei consumidovuto all’incremento dell’occupazione altamente qualificata, che induce le famiglie ad “esternalizzare” alcuni servizi, in particolare quelli domestici;[3]l’aumento di mansioni facilmente delocalizzabili all’estero;[4] e un mercato del lavoro più flessibile, con un salario minimo più basso.[5]Ma la polarizzazione dell’occupazione può essere anche letta come fenomeno di lungo periodo caratteristico dell’evoluzione industriale di un capitalismo maturo.

Quandosi parla di polarizzazione ci si riferisce alla presenza di gruppidi popolazione che sono omogenei per alcune caratteristiche e distanti da altri gruppi. Ad esempio, ricchi e poveri; occupati e non occupati. I gruppiindividuati possonoesseretantio piuttosto solo due.[6]In ogni caso si registra un aumento della polarizzazione proprio quando aumentano l’omogeneità all’interno del gruppo e la distanza dal resto della popolazione o dagli altri gruppi considerati.

Se consideriamo la polarizzazione dell’occupazione, possiamo fare riferimento alle specializzazioni, o piuttosto alla tipologia di mansioni svolte, in modo da definire gruppi occupazionali omogenei. Da questo punto di vista, l’International Standard Classification of Occupations (ISCO) è un valido strumento di analisi poiché è in grado di cogliere la complessità delle relazioni lavorative in termini educativi, salariali ma anche qualitativi, rispetto al grado di autonomia sul posto di lavoro.

Nella nostra analisi,[7] abbiamo utilizzato le dieci categorie ISCO88COM accorpandole in quattro principali gruppi professionali: Managers, Clerks, Craftworkers e Manual workers(manager, impiegati, lavoro artigianale, lavoro manuale semplice), in modo da rispettare una scala sia per il titolo di istruzione che per la retribuzione media percepita.

Dall’analisi a livello aggregato emerge nel lungo periodo un aumento dell’occupazione “qualificata” concentrata nelle categorie di Managers e Clerks rispetto ad una contrazione per Craft e Manual workers[8].

Tuttavia, l’analisi disaggregata per macrosettori ci consente di mettere a fuoco la coesistenza di tendenze occupazionali diverse. Da un lato, il settoremanifatturiero – vittima di un secolare processo di cambiamento strutturale dell’economia – perde peso a vantaggio dei servizi, e tale processo di svuotamento dell’occupazione tende a concentrarsi nelle qualificazionipiù basse (Fig. 1). Dall’altro, i servizi continuano a crescere trainando l’occupazione delle qualificazioni alte (high skill)e penalizzando quelle medio basse (craftworkers).

Entro questa tendenza dell’occupazione europea negli ultimi anni, la crisi ha particolarmente colpito i lavoratori manuali del manifatturiero, ed in generale i lavoratori lowskills; ha accentuato la tendenza alla polarizzazione per gli occupati nei servizi; infine ha creato un “fittizio” upskilling (tendenza della qualificazione a crescere) nel manifatturiero, dove coloro che sopravvivono sono i lavoratori qualificati.

In sintesi, considerando la composizione relativa dell’occupazione, vi è una sostanziale evidenza di polarizzazione della struttura occupazionale europea con un aumento dei managers ed una riduzione delle qualificazioni intermedie, in particolare nella fase di espansione dell’economia e nei servizi.

References

Autor, D. H. and Dorn, D. (2010),“Inequality and Specialization : The Growth of Low – Skilled Service Employment in the United States”. MIT Working Paper, April.

Autor, D. H. and Dorn, D. (2013),“The Growth of Low-Skill Service Jobs and the Polarisation of the U.S. Labor Market”,American Economic Review, 103(5), 1553–97.

Cirillo V. (2014), Innovation, Skills, Wages. PhD thesis.

Esteban, J-B. and Ray, D. (1994),“On the Measurement of Polarisation”, Econometrica, Vol. 62, N. 4 (July, 1994), pp. 819-851.

Eurofound (2013), “Employment polarisation and job quality in the crisis: European Jobs Monitor 2013”, Eurofound, Dublin.

Fernández-Macías, E. (2012), “Job polarisation in Europe? Changes in the employment structure and job quality, 1995–2007”, Work and Occupations, Vol. 39, No. 2, pp. 157–182.

Goos, M., Manning, A. and Salomons, A. (2011),“Explaining job polarisation: the roles of technology, offshoring and institutions”. Center for Economic Studies – Discussion papers ces11.34, KatholiekeUniversiteit Leuven, Centrum voor EconomischeStudiën.

Mishel, L., Schmitt, J. and Shierholz, H. (2013),“Don’t Blame the Robots. Assessing the job polarisation explanation of growing wage inequality”. Economic Policy Institute, Working Paper 11/2013.

[1]Fra le ultime ricerche, v. Fernandez-Macias et al.(2012); Eurofound (2013).

[2]V. ad es.Autor e Dorn (2010).

[3]Autor e Dorn (2013).

[4]Goos, Manning eSalomons (2011).

[5]Mishel, Schmitt eShierholz (2013).

[6] V. fra gli altri EstebaneRay (2004).

[7]Cirillo V. (2014), Innovation, Skills, Wages. PhDthesis.

[8]In questo articolo si fa riferimento agli occupati dipendenti del settore privato, sia dei servizi che del manifatturiero.


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