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Sale cinematografiche chiuse a Roma. Chi dice di difenderle è chi le sta condannando all'abbandono

Creato il 23 dicembre 2014 da Romafaschifo
Sale cinematografiche chiuse a Roma. Chi dice di difenderle è chi le sta condannando all'abbandono
“Il cinema non morirà mai, ormai è nato e non può morire: morirà la sala cinematografica, forse, ma di questo non mi frega niente”.
-Mario Monicelli, 1991
In Italia il pubblico dei cinematografi è cresciuto per tutti gli anni Trenta e Quaranta fino alla metà degli anni Cinquanta arrivando a superare gli 800milioni di spettatori nel 1955. Da quell'anno, nata la televisione, gli spettatori hanno subito una flessione che è arrivata ben sotto ai 100milioni di spettatori annui per poi risalire e attestarsi un po' sopra questa soglia psicologica. Sta di fatto che, rispetto agli Anni Cinquanta, il numero di spettatori si è stabilizzato su una sommatoria otto volte inferiore. Peccato che alcuni geni e alcune vestali della difesa della cultura pretendano che l'offerta di sale cinematografiche, le relative caratteristiche, la loro dislocazione in città sia esattamente uguale a quella di sessanta anni fa. E' ovvio che sia impossibile, è ovvio che quell'offerta debba evolvere e differenziarsi, ma è evidente come benpensanti di ogni risma facciano finta di niente. E' un caso essenzialmente romano, dove figli di papà ben protetti si divertono ad occupare sale abbandonate, abbandonate perché magari gravate da vincoli che ne impediscono la trasformazione o in qualcosa d'altro (talvolta è necessario) o sempre in sale cinematografiche, ma più contemporanee.
Lasciamo perdere il Volturno e l'America, episodi squallidi e prepotenti, e concentriamoci sul Cinema Metropolitan. Su questa sala all'inizio di Via del Corso si sta letteralmente accanendo la politica. La Giunta ha giustamente approvato una trasformazione del cinema: sale cinematografiche più piccole e nell'enorme spazio rimanente (oggi non servono sale da centinaia di posti) largo ad attività commerciali per sostenere tutta la piattaforma. Un cinema, insomma, non è più solamente un cinema ma diventa un dispositivo urbano di servizi (commercio, ristorazione, cultura) che si autosostengono l'un l'altro e si mantengono grazie alla loro stessa sinergia. A queste funzioni, a seconda dei casi, se ne possono aggiungere altri: residenziale, ricettivo, laboratori ecc.
Certo, non si deve cadere nel ridicolo come il caso del Cinema Etoile di Piazza San Lorenzo in Lucina che doveva in qualche maniera sopravvivere pur dentro un bellissimo store di Louis Vuitton e che invece si è ridotto ad una saletta patetica con poche seggiole. Il cinema deve rimanere e la sua presenza deve essere garantita in percentuali che possono essere variabili, ma devono essere credibili e reali, ma dopodiché a tutto il resto deve essere dato modo di cambiare, evolvere, modificarsi, tentare nuove strade di sostenibilità imprenditoriale.
Dopo l'approvazione in Giunta, invece, sul Metropolitan si sono scatenati (e non solo quelli di Sel, anche il Pd): le Commissioni consiliari (cultura e urbanistica) hanno dato parere negativo alla trasformazione e speriamo che il Consiglio non si faccia traviare perché altrimenti, semplicemente, significherebbe lasciare il Metropolitan in abbandono per ancora chissà quanto tempo. Il cinema è chiuso dal 2010 e nessun imprenditore degno di questo nome è interessato a riaprirlo dovendo destinare alle attività cinematografiche più spazio di quello che il mercato richiede alle attività cinematografiche stesse.

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