Distruggere gli ulivi centenari della Puglia non basta: la Xylella fastidiosa è in realtà un super-batterio che deve essere combattuto con armi capaci di colpire al cuore direttamente sia lo stesso microrganismo, sia l'insetto che lo diffonde. E' questo l'appello lanciato da alcuni ricercatori che stanno studiando il problema e che ritengono ugualmente importante azioni preventive sul terreno e per intercettare il batterio grazie alla diagnosi molecolare.
"Sradicare gli ulivi non basta", osserva l'esperto di Biologia ambientale Marcello Nicoletti, dell'università Sapienza di Roma. "E' in atto una vera e propria epidemia, da parte di un microrganismo che per circa 30 anni è stato 'tranquillo' e che a un certo punto è improvvisamente cambiato", aggiunge.
Le ragioni di questa trasformazione in un super-batterio non sono ancora note: secondo le teorie prevalenti potrebbe essere stata la conseguenza di una mutazione genetica spontanea, per esempio simile a quelle che avviene nel virus dell'influenza, oppure una risposta ad un clima più caldo. Va quindi combattuto direttamente il batterio, insieme all'insetto che è il suo vettore, il Philenus spumarius, comunemente noto come 'sputacchina' e molto diffuso. Esistono antibiotici per combatterlo, ma c'è il rischio che alla fine possano rafforzare il batterio, rendendolo resistente.
"Anche dopo aver distrutto le piante - osserva Nicoletti - gli insetti restano nell'ambiente e continuano a diffondere la Xylella". Per questo è importante aggredire anche gli insetti, ad esempio con larvicidi, "ma sempre di origine naturale", e agire poi sul terreno, "modificandolo in modo che fornisca alla pianta il sostegno di cui ha bisogno". (ANSA)