una tragicommedia fallica
di Iannozzi Giuseppe
- Salomè – Lovis Corinth -
Dario: Ma mi avevi detto che t’era piaciuto?
Salomè: Vedi di non fare una tragedia per un ingoio che m’è andato storto. Sei stucchevole quando fai così.
Dario: E tu una puttana.
Salomè: Io perlomeno non sono un nano col “cuore troppo, troppo vicino al buco del culo”. (*)
Dario: Non sono un nano. Diciamo che sono inferiore alla media nazionale. E poi ti eccita.
Salomè: Pensavo fossi dotato della virtù meno apparente. Ma l’immaginazione non corrisponde quasi mai alla realtà.
Dario: Intendi forse dire…
Salomè: Ce l’hai piccolo. Diciamo che sei un ometto ben proporzionato in tutte le sue parti. Ma la proporzione non fa la felicità d’una donna. E’ questo il problema, problema molto serio.
Dario: Quando te lo sbatto in culo mi sembra che non sei dello stesso avviso.
Salomè: Oh, Piccolo Dario il Glande! Le emorroidi… le emorroidi… fanno male sempre… un male cane.
Dario: Ci credo: te le ho fatte venire io a forza di trapanamenti.
Salomè: Senti, non hai davvero motivo di vantarti delle carie che hai in bocca. Piuttosto vedi di fartele tappare. Non sopporto più il tuo alito fetente.
Dario: Come siamo arrivati fino a questo punto? Litighiamo sempre. E scopiamo niente.
Salomè: Sarà forse perché non vieni… se non in ritardo. O troppo presto, ma senza sostanza.
Dario: La stai facendo troppo grossa, Salomè. Non merito tanto. E neanche tu.
Salomè: Una donna deve pur ripagarsi in qualche modo. Anche se ho un po’ esagerato è per fingermi soddisfatta – di che, non so -, ma penso sia per non essere troppo cattiva nei tuoi confronti, Dario. Dovresti essermi riconoscente e dimostrarmelo soprattutto. Dio lo volesse ‘sto miracolo grande assai.
Dario: Sei così dura con me. Così dura.
Salomè: O io o te.
Dario: Quando t’ho incontrata non eri così.
Salomè: E com’ero allora?
Dario: Eri dolce, romantica, sorridente. Eri una primavera di dolcezza.
Salomè: E poi è arrivato l’inverno… rigido nel mio cuore. Una compensazione per il tutto che m’è mancato.
Dario: Potresti essere seria almeno in questo momento.
Salomè: Lo sono. Tu continua. Non so perché dovresti farlo, ma continua se ti porta piacere.
Dario: Quello che intendo dire è che all’inizio non sembravi una puttana. Forse non lo eri. O io mi sono ingannato.
Salomè: Gli ometti si fanno sempre grandi illusioni sulle donne.
Dario: Con te non c’è dialogo.
Salomè: Se solo scopassi come parli! Hai una lingua così lunga.
Dario: Potrei leccartela…
Salomè: Vedi di piantarla.
Dario: All’inizio era tutto diverso. Molto diverso. Tu eri dolce.
Salomè: L’hai già detto. Manchi proprio di fantasia, in ogni senso.
Dario: E tu di romanticismo.
Salomè: E’ inattuale. Meglio è restare coi piedi ben piantati per terra se proprio non si riesce a stare col corpo tutto a letto.
Dario: Sei cambiata.
Salomè: Nulla affatto. Sei tu che m’hai presa per un’altra, che m’hai disegnata male inseguendo le tue grandi illusioni.
Dario: Forse hai ragione, sono un romantico anche quando si tratta di pompini. Ci dev’essere l’ingoio, altrimenti tanto varrebbe sputare via l’anima nel momento preciso in cui veniamo al mondo e non pensarci più.
Salomè: Coglione, il seme è pesante da digerire.
Dario: Io so che è nutriente per l’anima, per il corpo.
Salomè: Sei proprio un caso disperato.
Dario: Forse hai ragione. Con te vado dritto alla disperazione, solo a quella. Ma perché parliamo sempre di sesso anche quando ci dovrebbero essere di mezzo i sentimenti?
Salomè: In mezzo alle gambe ci sta la figa. Nient’altro. Ecco perché.
Dario: Volgare…
Salomè: Reale…
Dario: A te neanche il Leopardi ti fa eccitare.
Salomè: Ovvio che no. Con quella gobba.
Dario: Non capisci la poesia.
Salomè: Capisco la realtà, ed è molto meglio della poesia. Te la lascio tutta la poesia: ti ci puoi pulire pure il culo.
Dario: Sarà fatto.
Salomè: Bene. E visto che ci sei, vedi di prendere pure del carbone vegetale. Non ne posso più delle arie che sfiati dabbasso facendole passare per orgasmi.
Dario: Sei una strega. Una stregaaa…
Salomè: Lo prenderò come un complimento. Mi devo accontentare, non potendo prendere altro.
Dario: Prima non eri così. Adesso invece te lo lasceresti mettere in culo dal primo sconosciuto.
Salomè: E che male ci sarebbe? Mica posso sempre prendere la tua nullità.
Dario: Ma perché?
Salomè: Il vuoto non ha mai fatto felice una donna di sani appetiti.
Dario: Non intendevo in quel senso… in questo senso… insomma lì.
Salomè: Sì, questa volta ti devo dare ragione.
Dario: Vaffanculo.
Salomè: Lo farò quanto prima. Non m’aspettare alzato.
Dario: Gran troia che non sei altro, non pensare che solo perché minacci di farti sbattere da qualcun altro mi venga più duro.
Salomè: E chi s’aspetta niente! Con te ormai sono rassegnata. E poi i miracoli non accadono mai. E’ inutile pregare la grandezza dei Cieli.
Dario: Ma il sentimento, quello non lo tieni in considerazione?
Salomè: Il tuo è ridotto, anche con l’ingoio il tuo sentimento è acido, scivola storto. E’ tutta colpa tua.
Dario: Non ti seguo…
Salomè: Sei sempre in ritardo, sempre. Una donna ingoia e ingoia e ingoia, anche lacrime salate per tener vivo qualcosa, tranne poi accorgersi – con ritardo – che non c’è proprio niente da mantenere in vita, neanche l’illusione d’una smania di grandezza.
Dario: Crudele e perfida, ma non eri così.
Salomè: Ero come?
Dario: Dolce come il miele.
Salomè: Peccato che il miele lo facciano le api. Quelle tengono il pungiglione grosso, mica come te. (**) Prova a darti a un loro favo, e non so mica se domani saresti qui a raccontarmi della dolcezza e del romanticismo mieloso a tutti i costi.
Dario: Ti dovrei trombare su due piedi, senza pietà. Ti dovrei violentare…
Salomè: E sai che divertimento, per me! Neanche la soddisfazione d’urlare mi strapperesti dalla figa.
Dario: Sei… sei… sei…
Salomè: E che palle! Allora, ti decidi? mi violenti o no?
Dario: Fottiti da sola.
Salomè: Ah, ecco. Pure questa illusione m’hai fatto naufragare nel tempo d’un momento appena.
Dario: Io non ce la faccio più.
Salomè: Se è solo per questo, me ne sono accorta da tempo che non ti tira.
Dario: Tu ne fai tutta una questione di grandezza fallica.
Salomè: Dovrei forse rivalermi su quella intellettuale che è ancora più misera e piccina? No, lo sai che non potrei mai muoverti un simile torto, nonostante tu mi stia accusando d’esser crudele.
Dario: Insensibile e crudele.
Salomè: Io sento fin troppo bene che non mi sbatti a dovere, come un vero maschio.
Dario: Io getto la spugna.
Salomè: Finalmente!
Dario: Con te non c’è… non c’è…
Salomè: Ora ti metti pure a piangere come una donnetta? Guarda che con me non funziona. Non sono una povera sciocca votata all’amore materno.
Dario: Sei una puttana di quart’ordine, ecco. Neanche. Sei una tritacazzi e basta.
Salomè: Guarda da che pulpito viene la predica: da un puttaniere nano. Povero Dario il Glande, povero povero povero…
Dario: Adesso…
Salomè: Basta coi singhiozzi. Non riuscirai a farli passare per orgasmi sottovoce, poco ma sicuro.
Dario: Adesso… io… ti… trombo… Sì, due piedi…
Salomè: M’accontenterei pure su uno solo.
Dario: Adesso…
Salomè: Quando si dice “cogli l’attimo fuggente!” Tu non c’hai proprio intenzione di saltarmi addosso. Meglio che mi decida io per te. Vorrà dire che ti violento io. Una donna che solo desidera il suo piacere, a questo si deve ridurre? Mon Dieu! Speriamo almeno che ti ecciti ‘sta storia d’esser messo sotto da una femmina.
Dario: Libertà vai sognando, e servo a un tempo/ Vuoi di novo il pensiero,/ Sol per cui risorgemmo/ Della barbarie in parte, e per cui solo/ Si cresce in civiltà, che sola in meglio/ Guida i pubblici fati. (***)
Salomè: Sei un caso disperato. Meglio: un nano disperato che recita poesia malamente. Sei ben al di sotto di qualcosa di simile a un mezzo uomo.
Dario: E ora che fai? Che vorresti fare?
Salomè: Soffocarti.
Dario: Non puoi…
Salomè: Dicono che quando si muore l’erezione regge più del giusto. Forse con te riuscirò ad arrivare alla soglia d’un’erezione quasi normale. Che ci vuoi fare? Mi dovrò accontentare.
Dario: Non puoi…
Salomè: Lo sto già facendo. E non sento niente, porco diavolo!
Dario: …
Salomè: Tutta ‘sta fatica per uno schizzetto di brodo e un’erezione al di sotto di quand’era in vita. Non si può proprio chiavare accussì.
(*) Citazione da una famose canzone di Fabrizio De André, “Un giudice”.
(**) Secondo Plutarco le api punterebbero il pungiglione contro chi è schiavo dei piaceri del sesso.
(***) Versi da “La Ginestra” di Giacomo Leopardi.
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