Il Salone Internazionale del Libro di Torino è da sempre una delle occasioni migliori per assaggiare l'intingolo elaborato di interessi culturali di cui gli italiani si nutrono, soprattutto nel fine settimana, quando si sono già lasciati alle spalle fatiche e pensieri. E lo si capisce dalla coda di persone assiepate davanti al luogo in cui si svolgerà una conferenza, dalle loro espressioni, dalla media d'età, dai discorsi ancora più divertenti di quelli delle sale d'attesa degli studi medici. Come al solito, gli appuntamenti non si smentiscono mai per la capacità matematica ed empatica allo stesso tempo di andare a soddisfare alla perfezione ogni singolo desiderio dell'italiano in cerca di immagini: che siano volti legati alla Letteratura, indiscussa regina di una fiera di tal portata, al Cinema, alla Musica e, soprattutto, alla Televisione, ecco che tutti, grandi e piccoli, si ritrovano risucchiati nell'imbuto che dallo spazio esterno conduce entro quattro mura in cui qualcuno è disposto ad accoglierli, guardarli, accarezzarli o scuoterli con la forza della parola.
Sì, perché la parola, sedendo accanto a Sua Maestà Letteratura, rivendica con elegante discrezione il suo ruolo primigenio di portatrice di messaggi, di artefice di legami, di creatrice di echi. Uno di quei pochi miracoli che vede gli italiani unirsi in un sentire comune, che si trattino temi strettamente attuali oppure ci si conceda l'evasione in cieli eterei di incanto poetico. Variegato e variamente stimolante, anche quest'anno il Salone ha quindi riservato le sue sorprese tra gli scaffali.
A ironizzare su un tema che lascia da anni il nostro Paese con l'amaro in bocca ci ha pensato Giacomo Poretti, che con il sorriso, ma non troppo, ha riflettuto sul legame tra crisi economica e crisi di senso nella nostra società, tra le contraddizioni del liberalismo e l'omologazione ai grandi fenomeni di massa, di cui le spese sconsiderate durante i saldi sono un buon esempio. Ma dalla constatazione della follia che risiede dietro all'idea del "consumo a tutti i costi", possono nascere nuove spinte per ripartire e rifondarci.
E se si parla di problemi della società, non si può non lasciarsi travolgere dell'irruenza di uno showman come Aldo Busi: personaggio pubblico prima ancora che scrittore, ha presentato il suo ultimo romanzo, Vacche amiche (Marsilio), che lui stesso definisce un'autobiografia rinnegata a vantaggio del lettore, unico vero protagonista di un libro in quanto suo destinatario. È la storia di quattro donne, amiche fra loro e poi traditrici del legame che le unisce, a dimostrazione che la misoginia è femmina; ed è anche un libro sull'impossibilità di conciliare l'amore carnale e l'amore intellettuale.
È uno dei tanti racconti che vanno ad attingere al passato di Busi, ai suoi ricordi d'infanzia in campagna; tra questi, non possono mancare gli aneddoti legati alla sessualità, in particolare nei discorsi di uomini contadini che desideravano ancora ardentemente le loro donne con vigore quasi animalesco, a differenza del modo con cui oggi si vive la propria sessualità. Busi non ha dubbi: siamo tutti vittime di una sessualità infelice, combattiamo contro il nostro desiderio frantumato. E forse non è un caso che ci si scagli con veemenza contro l'alterità: e su questo punto Busi si è lanciato in una critica senza freni contro i fomentatori della piaga più grave che affligge la società, l'omofobia.
Dall'amore carnale all'amore spirituale con il sommo poeta d'Italia: in occasione del 750° anniversario della nascita di Dante, lo studioso Marco Santagata ha presentato Come donna innamorata (Guanda), breve "romanzo storico" che si focalizza su due momenti cruciali della vita di Dante, la morte di Beatrice e l'esilio di Guido Cavalcanti, che vanno a toccare due dei sentimenti da sempre fondamentali per la creazione poetica, l'amore e l'amicizia.
Dalla scrittura accademica, Santagata ha deciso di passare alla narrativa per la necessità di una maggiore completezza, per trovare un terreno più fruibile in cui avanzare proposte critiche, constatando che la narrativa riesce a trasmettere certi messaggi che l'impostazione rigida della critica a volte limita.
Uno dei problemi per chiunque si accinga a raccontare Dante, è quello di subire un forte condizionamento dalla vulgata tradizionale: in questo romanzo, invece, l'autore ha cercato di calare il poeta in una realtà quotidiana, non eroica, arrivando addirittura a descriverlo intento a scrivere i suoi versi in un'angusta cucina mentre la famiglia gli gira intorno disturbandolo.
Fotografie di Manuela Marascio