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E dopo tre appuntamenti giocati da perenne loser, la Germania torna ad alzare la coppa ventiquattro anni dopo l'ultima volta: è la vittoria di un gruppo, di un progetto, dell'applicazione.
E dell'incapacità di Messi e soci di mettere il carattere necessario per fare davvero la differenza.
E alla fine, è andata come speravo andasse.
La Germania di Loew si è finalmente laureata Campione del Mondo battendo un'Argentina mai doma - forse la più vivace del Mondiale - guidata come di consueto da un Messi in preda alle crisi di vomito e fermato dall'incapacità di fare la differenza nel momento decisivo come capitava spesso e volentieri a quello che è considerato il suo predecessore e riferimento, tale Diego Maradona - in questo senso, esemplare il riso isterico del numero dieci dell'Albiceleste una volta fallita la punizione che, di fatto, è stata l'ultima speranza della sua squadra, ben oltre il centoventesimo minuto -.
Va comunque reso l'onore delle armi ad un'Argentina che si gioca ad armi pari con la corazzata tedesca il titolo, che spreca molto - clamoroso l'errore di Higuain nel primo tempo - e viene colpita proprio quando cominciava a diventare opinione comune l'ipotesi dei calci di rigore.
Ha vinto, ad ogni modo, la squadra dal miglior collettivo - non a caso, l'azione decisiva è passata dai piedi di due giocatori entrati dalla panchina - e dal progetto più convincente - escluso Miro Klose, trentaseienne, la rosa tedesca è forse la più giovane, mediamente, della rassegna -, portata al trionfo da un giocatore che non aveva entusiasmato fino a questo momento, ma che, con la sua classe novantadue diviene il simbolo di un rinascimento calcistico del quale, probabilmente, sentiremo ancora parlare.
Lostiani, poi, i numeri.
La Germania, infatti, conquista il quarto Mondiale ventiquattro anni dopo l'ultimo trionfo, che risale all'Italia del millenovecentonovanta delle Notti Magiche - finale vinta ancora contro l'Argentina e ancora per uno a zero -, così come l'Italia lo conquistò proprio in Germania nel duemilasei ventiquattro anni dopo l'ottantadue - che vide gli Azzurri imporsi proprio sui tedeschi -: coincidenze niente male per le due Nazionali lanciate all'inseguimento del Brasile, ancora in testa per quanto riguarda i titoli vinti con cinque vittorie all'attivo.
Senza dubbio, e senza nulla togliere agli sforzi degli argentini - che, comunque, devono ancora maturare parecchio, fatta eccezione per gente con gli attributi come Mascherano -, la Germania ha meritato più di ogni altra di sollevare la coppa, afferrata con carattere, grinta, voglia e talento.
Evidentemente, l'occhio clinico teutonico riesce a fare tesoro delle sconfitte e sfruttare al meglio l'esperienza - dall'edizione del millenovecentocinquantaquattro, la prima vinta dai nostri secondi cugini, non c'è mai stata un'edizione dei Mondiali in cui la loro selezione non sia arrivata almeno ai quarti, dunque tra le prime otto del torneo -, oltre a permettere ai giocatori di scendere in campo con una determinazione assolutamente incrollabile.
Non a caso, sono stati loro i primi europei a sollevare la Coppa del Mondo nel continente americano, così come saranno, in Russia tra quattro anni, con ogni probabilità i primi a sfatare la maledizione delle vincenti che ha colpito tutte le Nazionali vittoriose nell'edizione precedente dal duemiladue ad oggi.
Ma poco importano le speculazioni, ora.
Che giocatori, tifosi e staff si godano i festeggiamenti, e che il Mondiale di calcio - forse l'appuntamento sportivo più seguito al mondo - si concluda come è giusto che sia: con una festa.
Il Saloon, approfittando, alzerà un paio di calici in più in onore dei vincitori.
Senza contare che, stasera, sono proprio quelli che sperava fossero.
MrFord
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