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Almeno per oggi vogliamo provare a disintossicarci dalla Lega e ci accontentiamo di dare una sola notizia. In attesa che Bobo Blues termini la tournée televisiva nella quale tenterà di far credere ai militanti del Carroccio, e agli italiani tutti, che Bossi è stato turlupinato, il fatto vero è che invece Umberto sapeva e che, con la bocca a culo di gallina che gli viene prima di spernacchiare, ha detto sì agli investimenti leghisti in Tanzania. L’aspetto che più irrita di questa faccenda di euro italiani finiti all’estero, è che il tutto è avvenuto dietro consiglio dell’ex superministro dell’economia Giulietto “Spic&Span” Tremonti il quale un giorno, fra una forchettata di polenta pasticciata e l’altra, ha detto al Senatur: “Diversifica perché tra due mesi l’euro salta”. E Bossi ha diversificato investendo i soldi dei rimborsi elettorali in Africa. Ma con un ministro del genere come potevamo sperare in una qualche ripresa? Chiuso il discorso Lega passiamo ad altro. Parlando della decisione del ministro Passera di revocare il beauty contest e di mettere all’asta le frequenze televisive, avevamo scritto che Silvio questa cosa non l’avrebbe mandata giù. Infatti, come i migliori killer in circolazione, Angelino Alfano e 2232 hanno atteso 24 ore prima di dare fuoco alle polveri: colpire in prima battuta sarebbe stato un gioco troppo scoperto. Così, tanto per far capire al Professore che il pallino lo tiene ancora in mano lui, Silvio ha fatto dire chiaro e tondo dai suoi maggiordomi che la riforma del lavoro così com’è non gli piace, che è troppo sbilanciata a sinistra, che l’accordo faticosamente raggiunto con Bersani può andare a farsi fottere. D’altronde ha ragione pure lui. Erano state tante e tali le assicurazioni che aveva ricevuto al momento del commiato da PalazzoChigi che ora vedersene sfuggire una che vale un miliardo e duecento milioni di euro non deve essergli piaciuta affatto. Silvio lo sa, l’esistenza in vita del governo Monti dipende dai voti dei suoi quacquaracquà. Lo sa anche il Professore che ogni tanto ci prova a sgattaiolare, ma Angelino e Fabrizio, alias il gatto e la volpe, stanno sempre quatti quatti dietro l’angolo pronti, all’occorrenza, a saltar fuori. Possiamo chiamarlo ricatto? Secondo noi no perché, tutt’al più, se la questione per assurdo dovesse finire davanti a un giudice, potrebbe risultare solo una inosservanza contrattuale, quella stretta fra lo Stato e Silvio che qualcuno, colto da un attacco di pudore, a volte tenta di far saltare. E che lo scontro all’interno della maggioranza che sostiene il governo si stia facendo aspro, lo testimoniano anche i distinguo che il Pdl sta mettendo in atto sulla revisione del reato di corruzione. Nonostante gli assist del Pd, che se non compie la sua cazzata quotidiana non è contento, gli uomini del Capataz non ci stanno proprio. A loro che l’Italia detenga il triste primato mondiale della corruzione non frega una mazza, l’importante è tutelare ora e per sempre, gli interessi berlusconiani, così ampi e capillarmente diffusi da toccare ogni aspetto della vita pubblica di questo paese. Per essere chiari, il lavoro fatto finora sulla revisione della corruzione passa attraverso l’introduzione della corruzione fra privati e il traffico di influenze (che non sono i mali di stagione). Il Pdl, ovviamente, non è d'accordo e ha messo sul piatto della bilancia la stretta sulle intercettazioni telefoniche e la responsabilità civile dei magistrati, aspetti che, come si comprende, non possono rientrare fra i desiderata del Pd. Quindi? Ancora uno stallo, ancora un ricatto da una parte, ancora una inadempienza contrattuale dall’altra. L’argomento unificante però restano i soldi e non poteva essere altrimenti. Invece di togliere i rimborsi elettorali, che hanno camuffato fino a oggi il finanziamento ai partiti abrogato dal referendum del 1993, Pdl, Pd e Udc hanno trovato il modo di renderli ancora più ufficiali. Per cui, i rimborsi di cui sopra, potranno essere investiti solo in titoli di stato, ci sarà una authority che ne controllerà la regolarità e, udite udite, società di certificazione estere che assicureranno la trasparenza dei bilanci delle congreghe. A questo punto ci chiediamo: ma che cazzo di logica ha investire i soldi dei rimborsi elettorali in titoli di stato? Ma non sono “rimborsi” e quindi non devono andare a coprire spese già sostenute? Possibile che in questo paese se non si mettono le mani in tasca ai pensionati e ai lavoratori dipendenti va tutto a scatafascio? Entro il 31 luglio il governo darà ancora in mano ai tesorieri una somma pari a 112 milioni di euro, con quale faccia è possibile pagare gente che non solo non fa un cazzo ma quel poco che fa riguarda solo la propria inconcludente attività? Con 112 milioni di euro quante microimprese giovanili sarebbe possibile avviare, quante scuole rifornire del materiale didattico indispensabile (e di qualche rotolo di carta igienica), a quante volanti della polizia fare il pieno di benzina, in quanti tribunali assumere amministrativi e cancellieri per rendere più celeri i processi? Rimandando al mittente l’accusa di fare “antipolitica”, segnaliamo che NichiVendola è indagato per concorso in abuso d’ufficio in seguito alla nomina di Paolo Sardelli all’ospedale San Paolo di Bari. Il governatore della Puglia ha detto che lui a dimettersi non ci pensa proprio, che non è amico di Sardelli e che è tutta una montatura. Dei poeti solitamente ci fidiamo ma da qualche tempo solo di quelli estinti.