Lo spiega Paola Vinciguerra, psicologa e psicoterapeuta presidente dell’Eurodap (Associazione europea disturbi da attacchi di panico), che insieme alla giornalista Tonia Cartolano ha presentato a Roma il libro ‘Gli attacchi di panico. Clinica, ricerca e terapia’ (Liguori Editore). “E’ un problema in aumento che, più diffuso fra le donne, oggi sta crescendo anche tra gli uomini, soprattutto professionisti e manager. E secondo l’Organizzazione mondiale della sanità – aggiunge la Vinciguerra – entro il 2020 sarà la patologia più diffusa al mondo, dopo i disturbi cardiovascolari”.
Per restare vittima di un attacco di panico non è necessario correre un pericolo reale. Può capitare di trovarsi in un ascensore troppo piccolo, “fermo tra un piano e l’altro, stretto fra mia moglie e una diabolica signora che continuava a fumarmi in faccia”, come racconta nel libro Gianluigi Lenzi, neurologo della Sapienza di Roma e ‘ascensorofobico’. Oppure essere sul palco dell’Ariston per il Festival di Sanremo e sentir partire le sequenze musicali di un altro artista, come ha ricordato il cantante Max Pezzali, che ha curato la presentazione del libro. Pezzali ha raccontato la storia di sua moglie, afflitta per anni da attacchi di panico e ora guarita, sottolineando il fatto che ancora oggi ci si vergogna di ammettere di soffrirne.
da: http://www.blitzquotidiano.it
Commento del Dott. Zambello
E’ vero che gli attacchi di panico sono una patologia in crescita. Sono sempre più numerosi i pazienti che si rivolgono alle strutture sanitarie pubbliche a cominciare dal Pronto Soccorso, perché in preda ad un attacco di panico.
Devo però dire che oggi, a distanza ormai di più di trenta anni dai primi pazienti che soffrivano di attacchi di panico, la ricerca ha fatto notevoli passi e le risposte che possiamo dare sia da un punto di vista medico che psicologico sono molto incoraggianti. Le statistiche ci dicono che a distanza di alcune settimane dall’inizio della terapia l’80% de pazienti non ha più attacchi che scompaiono quasi nella totalità dopo alcuni mesi. A cinque anni dalla fine della terapia bel 80, 85% non ha ricadute. Sono nettamente più favorevoli i dati di quei pazienti che oltre alla terapia farmacologica hanno fatto anche la psicoterapia. Infatti, con l’esperienza acquisita in tanti anni, ribadisco che il protocollo terapeutico migliore é la terapia farmacologica nella fase acuta seguito da un lavoro psicologico. Solo la psicoterapia é in grado di dare un senso, rimuovere quelle cause profonde che si sono manifestate con il disagio fisico.