Il primo gesto con cui ci presentiamo potrebbe rivelare informazioni in grado di salvarci la vita. Soprattutto, se la persona con cui entriamo in contatto è un medico.
La sicurezza con cui stringiamo la mano presentandoci racconta molto sulla nostra personalità, ma non solo. La forza della “presa” può comunicare preziose informazioni sul nostro stato di salute: una stretta meno energica del solito può rivelarsi un campanello d’allarme che nasconde una condizione ben più grave della pura stanchezza.
È l’insolita conclusione di un ampio studio della McMaster University e dell’ Hamilton Health Sciences (Canada) pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet. La ricerca, durata quattro anni, è stata compiuta su un campione di 140 mila adulti dai 35 ai 70 anni provenienti da 17 diversi paesi.
RELAZIONE PREOCCUPANTE. La forza muscolare della stretta di mano è stata misurata facendo stringere ai soggetti un apposito dinamometro. È stato così osservato che ad ogni perdita di 5 chili di forza della presa (grip), corrispondeva un sesto di probabilità in più di rischio morte. Vale a dire un rischio più alto del 17% di morte per cause cardiovascolari, ictus o altre malattie.
ALTRE VARIABILI. Questi dati non sono influenzati da fattori come la differenza di età o sesso, la frequenza dell’attività fisica o il livello di istruzione, il consumo di alcol o tabacco, l’indice di massa corporea, la dieta o la presenza di malattie come il diabete, l’ipertensione o il cancro. La stretta è apparsa invece diversa al variare dell’età e dell’etnia dei volontari.
SCREENING. «La stretta di mano potrebbe costituire un metodo semplice ed economico per valutare il rischio individuale di morte e malattie cardiovascolari» commenta Darryl Leong, principale autore dello studio «grazie ad essa i medici possono identificare i pazienti già a rischio (perché cardiopatici o soggetti a ictus) che corrono probabilità particolarmente alte di morire per la loro malattia».