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Salva carceri ora via libera alle riforme

Creato il 16 febbraio 2012 da Ifioribludizazie

La prima tessera apposta al mosaico degradato della giustizia affronta con impegno realistico l’annosa emergenza carceraria. L’attuale decreto “ salva carceri ” introduce un principio di progressività della custodia in caso di arresto, una graduale chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari e l’estensione della detenzione domiciliare ai detenuti con residuo pena di 18 mesi, previo parere favorevole di buona condotta. Un provvedimento che tenta di arginare le incongruenze procedurali da cui trae origine il fenomeno delle cosiddette porte girevoli uniformandolo alle garanzie costituzionali relative allo status di imputato nonché al rispetto della dignità umana che vieta in assoluto ogni trattamento crudele, inumano o degradante. Un segnale più che positivo, specie se si riflette sugli effetti che ritoccano un impianto a lungo suppurato da procedure inutili ma gravose sulla polizia e gli operatori penitenziari. Difatti, in caso di arresto, il solo ingresso in istituto di pena prevede una serie di adempimenti burocratici tassativi quali: perquisizione, immatricolazione, colloquio di primo ingresso, visita medica, distribuzione al fermato o all’arrestato di beni di prima necessità, consegna dei contanti in suo possesso all’ufficio matricola, allocazione in camera detentiva, in genere di “prima accoglienza”, distaccata da quelle dei condannati, secondo un principio di differenziazione dei circuiti penitenziari – anch’esso, nella prassi, vanificato in casi particolari – al fine di evitare un impatto traumatico dell’imputato al momento del suo varco in prigione. Il decreto in esame incorpora, quindi, una duplice garanzia nel circoscritto versante penitenziario: agli imputati, nei casi di reati non particolarmente gravi e quando non socialmente pericolosi, si evitano superflui impatti con la realtà carceraria, dall’altra si snelliscono attività relative al neo-ingresso in prigione che spesso distolgono gli operatori dall’opportuna attenzione ai soggetti in esecuzione penale, la cui amministrazione ordinaria è di per sé onerosa per entità numerica e differenti casi di specie dei reclusi. Un decreto che parte da una questione risaputa e, per la prima volta, valutata con scrupolosità. L’ambito della giustizia, purtuttavia, deve proseguire nella sua opera di innovazione, riadattando il peso della bilancia sanzionatoria rispetto a reati oramai invasivi, come quelli da colletto bianco, che la società civile considera eticamente riprovevoli quanto quelli più efferati. Condannare tendenzialmente e promiscuamente alla carcerazione preventiva risulta una deformità inaccettabile in uno Stato di diritto, ma una sentenza definitiva, specie se pronunciata nei confronti di pubbliche personalità colpevoli di gravi reati economici, deve essere scontata, nel rispetto del diritto, della dignità umana, del recupero sociale del condannato e delle vittime del crimine. D’altronde, l’intento del legislatore è sempre stato teso alla contestuale tutela dei beni giuridici del singolo e di un più complessivo interesse pubblico. Se la percezione collettiva tra agere licere ed illecito risulta sfumata, salvaguardare il bene collettivo si presenta come urgenza improrogabile. La politica, sulla scia tracciata dal decreto salva-carceri, rimuova quei paletti prescrittivi in ambito processuale e garantisca tempi adeguati per un’esecuzione “concludente” del suo iter. Gli argomenti della prescrizione, durata equa del processo, sanzione dei reati economici, depenalizzazione degli illeciti bagatellari e concreta incisività di una pena riabilitativa devono trovare spazio per una formulazione funzionale allo status quo della giustizia affinché non resti claudicante nell’equilibrata suddivisione dei poteri dello Stato.

Articolo pubblicatomi oggi da Il Riformista


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