La plurisecolare attività vetraia di Murano è in grave rischio di estinzione. I numeri parlano chiaro: seimila addetti nel 1990, duemila nel 2001, mentre oggi sono sotto il migliaio. E le vendite sono in calo costante. Le cause vanno senz’altro ricercate nel problema della contraffazione cinese, i quali hanno imparato a lavorare il vetro proprio da noi, producendo a costi bassissimi, ma non è solo questo. Manca una strategia unificata, che coinvolga artigiani, imprenditori e enti pubblici.
Diego Ferro, presidente di Confindustria Venezia, ritiene che si debba puntare sulla qualità, meno pezzi ma di pregio, ma propone anche il coinvolgimento di artisti internazionali per rendere l’isola di Murano una sorta di laboratorio di cultura artistica contemporanea.
Giorgio Orsoni si dice d’accordo, d’altra parte fu proprio lui che una decina d’anni fa, quando era assessore, promosse un’iniziativa di collaborazione con la Danimarca sull’isola di San Michele. In quella occasione esperti restauratori danesi si occuparono dei lavori presso la chiesa e il convento, in cambio vi furono accolti diversi artisti che utilizzarono quegli spazi come laboratori di ricerca.
Ma avverte Orsoni: «Al valore del marchio i vetrai non hanno mai creduto fino in fondo. Inoltre, dovrebbero consorziarsi seriamente per abbattere i costi» e aggiunge: «Il comune farà la sua parte». Al momento è stata individuata una zona da attrezzare in Murano e non a Marghera, come era stato proposto qualche mese fa: «I capannoni in terraferma sarebbero più funzionali, ma verrebbe penalizzata la denominazione». Ma non bisogna dimenticare che la salvezza di Murano passa anche attraverso lo sviluppo di una edilizia residenziale sostenibile, per controbattere il fenomeno della fuga degli abitanti.