Il fratello del magistrato ucciso dalla mafia si sbottona sulle onde del preserale di Cruciani. E teme per la vita di Ingroia, esiliato in Guatemala.
Radio 24, ore tardo pomeriggio. Per molti, costretti nel traffico delle nostre città, funge da palestra mentale quel programma radiofonico del caustico ma mai inopportuno Giuseppe Cruciani, una sorta di Alan Berg di casa nostra.
Caustico e politicamente scorretto: Giuseppe Cruciani, conduttore de “La Zanzara” su Radio 24, alle 18 tutti i giorni
Un radiomasochista, uno che ha capito che gli insulti fanno più ascolti che i complimenti smielati e spesso dovuti. E chi se ne frega se qualcuno lo trova odioso, volgare, ridondante. I dati d’ascolto parlano chiaro e la ricetta Cruciani-Parenzo sembra funzionare. Soprattutto quando l’attenzione verte sui temi che più interessano la nostra nazione, martoriata dal malaffare e da una classe dirigente indegna.
Non hanno timori riverenziali di sorta, i due conduttori: trattano allo stesso modo deputati, senatori, ergastolani di estrema destra, persino Licio Gelli.
Ma nei confronti di un Salvatore Borsellino, fratello del martire Paolo ucciso dalla mafia venti anni fa nell’ambito dell’ormai celebre trattativa “stato-mafia”, abbiamo notato le stesse riverenze che si riservano a coloro che hanno una storia di sofferenza da raccontare.
Salvatore Borsellino, recentemente al centro di polemiche sulle pagine del sito del “Fatto Quotidiano”.
E il fratello del magistrato scomparso si è lasciato andare a commenti, pareri e opinioni su uno degli argomenti che più hanno tenuto banco negli ultimi giorni: il caso Ingroia, esiliato in Guatemala per esser giunto (forse) troppo vicino ad una scomoda verità che (il forse è ancora una volta d’obbligo) coinvolge i gradi più elevati della macchina statale.
Salvatore Borsellino è un parente di vittima di mafia, al quale possiamo riconoscere il diritto a tutte le dietrologie che l’esperienza di vita vissuta può ispirargli. D’altronde, quando vedi saltare in aria tuo fratello che citofona a casa della madre, è lecito attendersi che si instauri un rapporto particolare con la morte e con tutto quello che concerne la vita.
Parla di Antonio Ingroia, unico faro di verità in una notte di tempesta istituzionale per un’Italia sempre più alla mercé dei gruppi di potere. Teme per la vita del magistrato, trasferito in Guatemala per mettere la sua esperienza al servizio della guerra al narcotraffico. In pratica, è un po’ come quando l’Italia morta di fame ha prestato soldi alle banche spagnole prossime al fallimento, come se una squadra che lotta per la Champions League prestasse agli avversari la propria punta di diamante.
Un nonsenso. Un immotivato confino, anzi no. Evidentemente Ingroia ha toccato qualche nervo scoperto, facendo adirare chi di dovere. Ed ecco la colonia punitiva, in un lontano ed esotico paese in cui, secondo Salvatore Borsellino, potrebbe calare definitivamente il sipario sull’attività del giudice antimafia.
Sì: Salvatore Borsellino teme per la vita di Ingroia. La malavita organizzata si è globalizzata molto prima della FIAT e delle altre imprese, dice. Non sarebbe difficile, secondo il fratello del martire antimafia, assistere ad una eliminazione di Ingroia ed addebitarla ai narcotrafficanti. I rapporti tra mafia e narcos sono abbastanza ben ramificati affinché la Piovra possa allungare i propri tentacoli in queste oscure direzioni.
Cruciani non va per il sottile, mangia la foglia e rincara la dose focalizzando l’attenzione sulla morte del consigliere giuridico del Quirinale D’Ambrosio, stroncato da un infarto “provocato” secondo alcuni.
Borsellino non va tanto per il sottile, riconosce la possibilità che certe dichiarazioni abbiano inferto un colpo al cuore dell’”amico” di Giorgio Napolitano, vistosi coinvolto nelle famose intercettazioni quirinalizie. E si interroga sui tanti “morti di infarto” coinvolti nelle vicende di stato, come la strage di Ustica ad esempio, lasciando trasparire dalle sue parole più di una perplessità rispetto a questo incremento di “cardiopatie” in Italia, quasi si voglia affermare che qui da noi vada di moda lo sport di eliminare i paladini della verità.
Sospetti inquietanti, immaginazione degna di un libro di Ken Follett. Timori, leciti e che magari anche altri hanno condiviso. Ovviamente la speranza è che i pensieri di Borsellino rimangano relegati al rango di congettura. L’unità nazionale ha bisogno di eroi e grandi personaggi che possano incarnare lo spirito di uno stato moderno, in cui le istituzioni non intrattengono rapporti coi poteri occulti e con la malavita.