Un giovane funzionario della Commissione europea è chiamato a candidarsi a sindaco in una città del profondo Sud, spesso vista come luogo di arretratezza e malaffare, da una parte, di rassegnazione, dall’altra.
Il ragazzo accetta. Parte una rivoluzione contro sistemi consolidati. Una battaglia dura. Con lui tanti giovani che provano a dare un calcio all’apatia e all’indifferenza. Dopo decenni vogliono tornare a sperare nel cambiamento.
Siamo nel marzo 2011 e Salvatore Scalzo, nato a Catanzaro nel 1983, viene candidato sindaco della sua città per la coalizione di centrosinistra. E’ il più giovane candidato sindaco di un capoluogo di regione in Italia. Dopo soltanto un anno e mezzo di lavoro un risultato importante.
Per El Pais e Economist Scalzo rappresenta un fenomeno.
Non vi dirò altro su di lui. Vi invito a leggere il suo libro “A piedi nudi” – Prove di cambiamento nella politica meridionale, edito da Donzelli e a seguirlo in questa intervista. Ulteriori informazioni potrete trovarle sul suo sito www.salvatorescalzo.it
Quanto è stato faticoso far passare la sua rivoluzione?
Noi siamo stati ad un passo dal farcela, in maniera inaspettata. Avevamo un programma costruito con i cittadini e la parte più viva della città. Soprattutto la prima linea del nostro esperimento politico non aveva alcun legame con le élites politiche cittadine tradizionali. Ovviamente, a parte le difficoltà legate al dover affrontare un sistema radicato e pervasivo di potere, capace di mettere a disposizione soldi e mezzi per conservarsi, bisogna dire che Catanzaro ha mostrato una certa vitalità e una reazione bella e forte a chi ha sfidato a mani nude, con la sola forza delle idee e del coraggio, il sistema vigente. Ricordo sempre che con un solo anno e mezzo di lavoro abbiamo guadagnato il consenso di 25 mila cittadini catanzaresi. Un risultato straordinario.
Per dirla con Albert Hirschman tra l’uscita e la protesta lei ha preferito la protesta. Ma le chiedo come si fa tenere viva la protesta in una regione come la Calabria?
A Catanzaro come in Calabria esiste una maggioranza più o meno silenziosa, che è pronta a recepire un messaggio profondo e solido di cambiamento. Vede, io credo che la prima ricetta di chi voglia affermare un progetto di cambiamento, è pensare che il popolo è attento e osserva. Il popolo calabrese chiede, in particolar modo alle forze progressiste, di non cedere più a compromessi al ribasso, di mettere in campo persone e percorsi di vita credibili, battaglie di coraggio e rischio personale e di gruppo. Quando si è fedeli a questi principi, i risultati arrivano e la fiducia di migliaia di calabresi c’è e si manifesta. Non esiste organizzazione in cui la protesta non sortisca effetti positivi per l’organizzazione tutta. Basta essere coerenti, come dicevo, pazienti e determinati. Certo, non ci si puo’ neanche aspettare che cambiamenti profondi avvengano in pochi mesi. Come scrivo alla fine del mio libro, chi fa politica per cambiare non assisterà mai ad un’esplosione immediata e risolutiva, ma potrà, dopo alcuni anni, voltare la testa indietro e scorgere che il mondo attorno a lui comincia a pensarla diversamente.
Cosa pensa di coloro che, invece, abbandonano i partiti tradizionali, preferiscono l’uscita e la creazione di movimenti?
Direi che li capisco. Io sono felice che la mia esperienza politica inizi con un’associazione universitaria, Ulixes, che metteva in collegamento studenti universitari in sede e fuori sede. Le associazioni sono importanti perchè trasmettono una grande cultura civica, un senso pratico del fare, e soprattutto, un’idea di impegno sociale come servizio. E’ un tema forte del mio libro. I partiti, per le colpe di un’oligarchia sempre più separata dalle vicende e dai bisogni del Paese, stanno rinunciando a costruire un idem sentire con la società e a farsi portatori di progetti di cambiamento per il Paese. Non sono attrattivi allo stato attuale. Certo, pero’, i partiti esistono da quando esistono le democrazie rappresentative moderne. Non si puo’ fare a meno dei partiti, come strumenti di mobilitazione delle coscienze, di rappresentanza e mediazione degli interessi e di selezione del personale politico. Il punto è che è più facile uscire che cambiarli. Ecco, io credo che la sfida più grande sia cambiarli, renderli consoni ai tempi e alle necessità. Alle oligarchie partitiche fa molto comodo che le energie migliori decidano di andarsene.
Esercizio del potere e professione politica, intesa come “vocazione”. Quanto sono conciliabili? Quindi come si fa a governare una città e a mantenere “fresca” la passione politica?Non bisogna neanche per un attimo farsi assorbire dalla routine e dalla tentazione a considerare normali cose, che non lo sono affatto. In Calabria sono tante le cose da cambiare, nelle piccole e nelle grandi amministrazioni. Per questo la passione vive di uno sforzo quotidiano a operare quelle modifiche, piccole o grandi, al funzionamento della cosa pubblica, in direzione dell’interesse pubblico. L’indipendenza finanziaria e intellettuale sono due condizioni importanti. Chi gestisce potere deve essere nelle condizioni mentali di minacciare la propria uscita, se il cambiamento che vuole mettere in campo non gli è concesso. Non deve subire condizionamenti.
I provvedimenti piu urgenti per Catanzaro?
Per rianimare una città come Catanzaro serve sostanzialmente un governo cittadino che abbia la forza, l’autorevolezza e la libertà per operare senza il condizionamento di quei poteri politici ed economici, che ne hanno guidato lo sviluppo negli ultimi anni, rendendola un universo policentrico anarchico e senza identità e una grande industria dei call centers e della grande distribuzione. In più servirebbe, come in ogni piccola o grande rivoluzione, un gruppo di persone e competenze capaci di avere in mente un modello di sviluppo da impiantare nella città e costruire lavoro, opportunità e soprattutto attrattività per le nuove generazioni.
Ci faccia degli esempi?
Catanzaro avrebbe bisogno di una bella rotazione interna di funzionari e dirigenti, nei settori chiave come urbanistica e attività economiche, dove il rischio della sedimentazione di interessi decennali è più forte. Dalla macchina comunale riparte l’idea dell’eguaglianza dei cittadini e del coraggio ad investire sulla città e sui progetti. Certamente, serve un sistema di riorganizzazione efficiente dei trasporti, perchè oggi abbiamo una trentina di nuclei residenziali mal collegati tra di loro e assolutamente lontani dai servizi principali. Infine, salvaguardate le vocazioni universitaria e sanitaria dellla città, serve un progetto turistico per il comparto Giovino Lido e uno per le piccole e medie attività economiche della città, che stanno vivendo una crisi senza precedenti.
In tanti hanno creduto in lei e nella sua voglia di chiudere con il passato, di rottamarlo, perché lei “veniva da Marte”, per usare una sua espressione?
Il tema del ricambio generazione non è retorica. Da un lato, il mondo cambia sempre più velocemente e i giovani riescono a interpretare meglio i bisogni cangianti della nuova società. D’altro lato, un ricambio del personale politico serve a dare fiducia ai giovani, che tornano a sentirsi protagonisti delle vicende del loro territorio e dell’intero Paese. Quanto sia importante questo, ce ne accorgiamo, guardando alle tendenze demografiche dell’Italia che, al netto delle immigrazioni, rischia di diventare un decadente Paese per vecchi. Il ricambio generazionale, reale e non fittizio, diventa oggi una necessità impellente.
Quale futuro vede per la sua regione?
Io davvero credo che questa regione abbia risorse competitive nel quadro Europeo per invertire il proprio trend economico. Penso al turismo, da intendere come sistema che unisca il complesso monumentale e storico delle aree interne, al mare e alla montagna. Penso alla centralità della Calabria rispetto ai collegamenti dell’Europa con i Paesi del nord Africa e del Mediterraneo. Penso ancora alla particolare predisposizione della nostra regione a rendersi protagonista del percorso di rivoluzione energetica, dalle rinnovabili all’efficienza degli edifici. Il punto è se le classi dirigenti saranno all’altezza di questo progetto, rendendo possibile la sostituzione di un processo di sperpero o corruzione del denaro pubblico con un processo di concentrazione sulla costruzione dei beni pubblici fondamentali, che sono la precondizione degli investimenti e dello sviluppo. In Calabria siamo lontanti da una Pubblica Amministrazione efficiente, da uno stato accettabile di legalità e difesa del terriotorio, da un sistema funzionale dei trasporti. Ecco, la sfida è questa. Il 2015 è un anno cruciale. Dobbiamo incrociare un nuovo ceto dirigente, che prenda le redini della Regione con le opportunità offerte dalla ripresa economica Europea attesa e dalla nuova programmazione comunitaria. Altrimenti è davvero finita.
Si sente un tipo tosto e quanto?
Al di là delle gradazioni di tostaggine, certamente vedo in me e nelle persone che condividono il progetto la forza del coraggio, della qualità e della libertà. Non arretrano davanti a nulla e sanno cosa e come fare. Sono e siamo maturati molto rapidamente. Altra cosa, un tipo tosto è uno che costruisce una squadra nelle situazioni più complicate. E’ vero che servono leaders, ma servono ancora di più le squadre. Da solo nessuno va da nessuna parte.
Cosa significa essere tosti in Calabria?
In Calabria essere tosti significa essere liberi. Senza dubbio. Non aspettarsi nulla da nessuno e aspettarsi molto da se stessi.
Cinzia Ficco