Riportiamo una lettera al direttore di Cuneocranaca che ha come protagonista Salvatore Serra, emigrato dalla Sardegna a Borgo, paese del cunense.
“Davanti a me un uomo di 54 anni, ordinato , corretto, orgoglioso. Di professione muratore. Si chiama Salvatore Serra ed è giunto a Borgo dalla Sardegna nel ’98 come molti dei suoi conterranei isolani che lo hanno preceduto (a Borgo sono circa 700) in cerca di fortuna. Nella città di Pedona ha trovato non solo il lavoro ma anche l’amore. Appena giunto affitta una casa vicino al centro storico e lavora presso diverse imprese di costruzioni; diventa anche artigiano. Il lavoro in quel tempo non manca e tutto funziona bene, ma la sua compagna e coetanea nel 2005 si ammala precocemente e gravemente; invalida al 100%. Non la abbandona e dedica a lei gran parte del suo tempo. Perde il lavoro, i soldi scarseggiano, impossibilitato a pagare l’affitto viene sfrattato. Le assistenti sociali trovano un posto per la sua donna a Boves in una casa di cura; ma per lui si apre la sofferenza: non ha più né lavoro né soldi. Chiede aiuto alle autorità comunali ma riceve solamente pacche sulle spalle: niente lavoro, niente soldi e niente casa. Tutte le porte sono chiuse per lui. Per la verità riceve l’offerta di un ostello in Cuneo ma la rifiuta complice quel suo “orgoglio sardo” che talvolta è più forte del buon senso. Anche la Chiesa con le sue istituzioni volontaristiche – a detta sua – lo riceve con diffidenza pur dandogli qualche aiuto. Ma l’uomo è forte ancora giovane non vuole vivere di carità, vorrebbe lavorare ed essere autonomo.
Qualche piccolo lavoretto molto saltuario gli permette di mangiare, non tutti i giorni, grazie anche la bontà di qualche anima buona. Si sistema per dormire in un vecchio casello abbandonato nei pressi della ferrovia che transita vicino al camposanto di Borgo. Arriva la polizia ferroviaria e lo fa sloggiare. Si sistema allora sulla sua vecchia Fiat Punto che non ha più nè bollo né assicurazione nell’area camper sempre vicino al cimitero. Diventa la sua casa , il suo dormitorio. Per i servizi sfrutta quelli del cimitero, l’acqua per bere e per lavarsi è quella della fontana all’ingresso. Quasi tutti i giorni si reca a Boves, a piedi o in bicicletta, per andare a trovare la sua donna che sta peggiorando ogni giorno. Non si vuole arrendere; gradirebbe un tetto per dormire ed un lavoro per poterselo pagare. Recrimina, come molti, che spesso gli italiani, in Italia, abbiano più difficoltà degli altri a trovare un sostegno un aiuto. E’ vittima dei tempi ma è anche vittima di un sistema che emargina con facilità e che tende a nascondere quelle situazioni che potrebbero danneggiare l’immagine di una città che si occupa prioritariamente di assistenza. Auguriamo a Salvatore che il 2012 non sia ancora più brutto, per lui, di quanto ci stanno raccontando”.