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Creato il 31 agosto 2010 da Stukhtra

Carta sprecata per i vaniloqui zichichiani su Scienza e Fede

di Marco Cagnotti

Co… co… coeso… no, coevo… no, cogl… no, questo non c’entra… cogestione… ecco: trovato! “Cogente: che costringe, obbligante”. Il dizionario è esplicito: questo è il significato dell’aggettivo “cogente”, che per esempio si applica a una dimostrazione. Una dimostrazione “cogente” costringe chi la ascolta ad accettarne la conclusione. Purtroppo Antonino Zichichi non ha ben chiaro il significato di quest’aggettivo.

Ma prendiamola alla lontana e partiamo dalla tesi del volume dal titolo Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo, pubblicato da il Saggiatore a firma del fisico siciliano: la fede religiosa e la scienza non solo non sono incompatibili ma addirittura vivono in armonia. La scienza (anzi la Scienza, perché Zichichi dimostra una smodata passione per le maiuscole, che infila dappertutto: Fede, Tecnica, Logica, Leggi Fondamentali della Natura, Teoria dell’Evoluzione Biologica…) fornirebbe, secondo Zichichi, ampie ragioni per convincersi dell’esistenza di Dio. Forse la scienza ha dimostrato che Dio non esiste? No. Ecco allora che l’ateismo è ingiustificato. Et voilà!

Orbene, basta un briciolo di filosofia elementare per capire dove sta il difetto di questo ragionamento. Senza scomodare Karl Popper, basterà ricordare che è impossibile dimostrare che qualcosa non esiste. Forse la scienza ha dimostrato che Babbo Natale non esiste? No. Magari su Alfa Centauri c’è un signore obeso che svolazza su una slitta trainata da renne magiche. Chissà? Basta questo per rendere plausibile Babbo Natale? Siamo seri. L’onere della prova spetta sempre a chi sostiene una tesi. Nella fattispecie, chi afferma l’esistenza di un Dio trascendente dovrebbe fare la cortesia di portare uno straccio di dimostrazione empirica o di argomento logico, invece di pretendere da altri prove logicamente impossibili. Se Guglielmo di Occam non ha inventato il suo rasoio per nulla, vale un sano principio di economia concettuale, sicché in assenza di prove la soluzione più razionale è… la negazione. Di Babbo Natale come del Padreterno. Purtroppo però di prove il buon Zichichi non ne ha. Per la semplice ragione che non ce ne sono.

Sono strani, i credenti, con le loro “prove”. Se fai osservare loro che quelle che ti propongono non sono cogenti, replicano che “Dio si nasconde per lasciarti libero”. E quando rispondi che, in nome della tua libertà, tu non credi in Dio, cercano di farti cambiare idea portando degli argomenti e delle prove. Che però non sono cogenti, appunto. Così si torna al punto di partenza.

Zichichi si arrampica sui vetri cercando di rendere almeno verosimile il suo Dio scomodando addirittura il teorema di Gödel e sostenendo che esistono verità sulle quali è impossibile decidere. A parte il fatto che trattare il problema teologico con il teorema di Gödel significa aver capito poco o di Dio o del teorema o di entrambi, lo scienziato cattolico riesce solo a concludere che, se l’ateismo non è limpidamente razionale, almeno l’agnosticismo è perfettamente inattaccabile.

Questo libro non è privo di argomenti interessanti. Convincente è per esempio la distinzione fra scienza e tecnologia, che purtroppo è poco percepita nella nostra società: una confusione che provoca gravi danni alla cultura. Tuttavia deliranti sono alcune tesi zichichiane, come il rifiuto dell’evoluzione biologica dell’uomo. Del quale peraltro Zichichi non spiega l’origine. Deposto dal Padreterno sulla Terra così com’è, già bell’e confezionato? Plasmato dall’argilla? Povero Darwin…

Il problema, con questo e con altri libri, è che vi si spacciano per verità comprovate delle tesi quanto meno opinabili, basandosi sull’autorevolezza di chi le sostiene. Antonino Zichichi, in questo caso. Ora, anche ammesso che le sue opinioni siano da prendere sul serio quando parla di fisica, quando invece egli si avventura in ambiti nei quali non ha una competenza specifica le sue idee valgono quanto quelle di chiunque altro, dal Premio Nobel giù giù fino all’analfabeta e perfino a Maurizio Gasparri. Insomma, le grandi scoperte in fisica (sempre ammesso che… ma questo è un altro discorso) non autorizzano nessuno a pretendere l’autorevolezza anche in filosofia. Il lettore sprovveduto, però, si lascia affascinare dal faccione sorridente di Zichichi e dalla sua zazzera vagamente einsteiniana e conclude che “se lo dice anche questo grande scienziato, allora dev’essere sicuramente vero”. Ignorando (perché, guarda un po’, Zichichi questo dimentica di scriverlo…) che fior di altri grandi scienziati, ben più autorevoli di lui, sono rigorosamente atei. Tutti stupidi o ignoranti o superficiali? Mah!

Il pasticcio scientifico-teologico in salsa zichichiana cela il proprio difetto di ragionamento, che sta nel manico. Anzi, sta in bella evidenza nel titolo. Quel verbo: “io credo”. Appunto: Zichichi “crede”, ovvero è convinto di qualcosa (cioè l’esistenza di Dio) senza alcuna prova. Ha già deciso a priori che il suo Dio esiste. Le ragioni le sa lui: perché gliel’hanno insegnato in famiglia e all’oratorio da piccolo, perché è caduto da cavallo sulla via di Damasco, perché ha paura di morire, perché crederci lo fa sentire meglio. Poco importa: sono affari suoi. Sta di fatto che nessuno di questi motivi ha qualcosa a che vedere con la scienza e con la razionalità. Poi, sia chiaro, Zichichi è padronissimo di avere le convinzioni che gli pare. Ma se chiede ad altri di condividerle con lui deve produrre qualcosa di meglio di questi vaniloqui.


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