Dopo il suo ultimo album, “Manifesto abusivo”, il musicista romagnolo ha recentemente pubblicato un’antologia di 2 CD contenente 28 brani tra i quali anche gli inediti “Psyco”, che dà il titolo al lavoro, e “Un pallone”, con la quale ha partecipato al Festival di Sanremo, e che parla, come ci spiega lo stesso autore, non di calcio, bensì delle acrobazie di un italiano usando come metafora le disavventure di un pallone che si sente smarrito. Pure in questa serata speciale, in cui il ricordo di Dalla è quanto mai vivo e presente, nelle cose dette e nei pezzi eseguiti, Bersani conferma le sue capacità, non solo di trasformare in arte tutto ciò che ci circonda, persino le cose magari più semplici e piccole, quasi banali, ma anche di trasmettere i sentimenti più profondi, quelli più nascosti, in una forma che pur rimanendo sempre romantica, usa un linguaggio vivo e moderno. Tra i suoi grandi successi, riproposti, intervallati con le lunghe e piacevoli dissertazioni, fatte di aneddoti e ricordi legati alla sua vita e alla genesi dei suoi brani, citiamo in ordine sparso: “Cattiva”, “Lo Scrutatore non votante”, “Chicco e Spillo”, “Occhiali rotti”, “Sicuro precariato”, “Pesce d’aprile”, “Il mostro”, “Caramella Smog” e “Che vita!”. Dalla sua ultima antologia poi tutta una serie di canzoni che arrivano dritto al cuore avvicinandosi tantissimo alla poesia: “Psyco”, “Giudizi universali”, “Il pescatore di asterischi”, “Se ti convincerai”, “Sogni”, “Una delirante poesia”, “Meraviglia”, “Pensandoti”, “Lascia stare”, “Le mie parole”, “Replay”, “Un periodo pieno di sorprese”, “Ferragosto”, “Valzer nello spazio”, “Concerto”, “Spaccacuore”, “Chiedimi se sono felice” e “Freak”.
Confesso che non sono mai stato un amante della canzone d’autore e dei cantautori in genere, ma, essendomi capitato un paio d’anni fa di assistere ad un concerto di Bersani, sono ritornato a vederlo con grande curiosità. Quello che mi colpì allora fu l’incredibile empatia creata con l’auditorio, non così scontata in un concerto live, in cui quasi sempre il rapporto cantante-spettatore raggiunge il diapason quando la platea canta con grande partecipazione i brani più noti; nel caso di Samuele Bersani, invece, si rovescia il tutto, visto che è lui a scendere, non solo metaforicamente, dal palco per offrirsi al pubblico. Anche in quest’occasione non sono state tradite le attese, più volte nel corso dello spettacolo è sceso tra la gente, con il suo leggio illuminato, e si è messo a cantare, nei corridoi tra le file di poltrone, alcuni dei suoi pezzi meno acustici con arrangiamenti completamente diversi ed inediti, se non addirittura in modo “nudo e crudo”, cioè con soli piano e voce, regalando versioni nuove e suggestive che hanno strappato applausi convinti. Ma è comunque nei racconti della sua vita, dai più banali ai più seri, che l’attenzione del pubblico viene rapita e conquistata, scorrono nell’aere aneddoti, i più disparati, quelli sulla vita di coppia, con tanto di nome, cognome e particolari della prima ragazza seria, quelli sugli incontri con Lucio Dalla, passando per quelli su viaggi in treno e sulle attese in aeroporto, per finire agli accesi dialoghi telematici con i “commentatori” dei suoi video su YouTube. La fotografia che ci viene restituita è quella di un romagnolo sui generis che della sua terra natia incarna la spontaneità e la simpatia, ma che i 20 anni trascorsi a Bologna hanno trasformato rendendolo più aperto alle nuove tendenze, ma, nello stesso tempo, anche più sofisticato e criptico, come si evince dai testi di tante sue canzoni. Il messaggio finale è un consiglio: se Bersani passa dalle Vostre parti per un concerto, fateci una capatina, non ne rimarrete delusi!
Si ringrazia Amelia Massari per il contributo dato alla stesura di questo articolo