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San Francesco d'Assisi (1182-1226)

Da Lory663
San Francesco d'Assisi (1182-1226) La figura di San Francesco è fondamentale espressione della religiosità medievale e, in particolare, della religiosità umbra, che si affermò, profonda e vibrante, nel XII e nel XIII secolo. Francesco nacque ad Assisi nel settembre del 1182 , o forse del 1181, figlio di un ricco mercante di panni, Pietro di Bernardone. La madre, madonna Pica, era una provenzale che Pietro, solito a viaggiare in Francia per il suo commercio, aveva sposato e condotto in Italia. La giovinezza di Francesco è gaia e spensierata. Ricco e amato dai suoi, il giovane ama i bei vestiti e la gioconda compagnia degli amici: gli piace eccellere e nella singolare generosità che mostra verso i compagni e verso tutti coloro che si rivolgono a lui nel bisogno, non manca una certa ambizione.
Ma la vita dei Comuni italiani è piena di rivalità e di lotte. A ventidue anni Francesco si trova fra le milizie di Assisi in guerra con Perugia, combatte ed è fatto prigioniero. E' una dura esperienza a cui segue, dopo la liberazione, una grave malattia; il giovane medita sul dolore e sulla vanità della vita, sente in cuore la necessità di prendere una nuova via, ma non sa ancora quale.
Un giorno del 1206 nella piccola chiesa di San Damiano, vecchia e in rovina, ha l'impressione che un'immagine sacra muova le labbra e gli imponga di restaurare l'antica cappella. E senz'altro si mette all'opera lavorando lui stesso e chiedendo l'aiuto dei passanti e dei vicini. E' animato da un ardore ancora confuso; in Assisi, quando lo vedono passare con le vesti sporche e in disordine e il volto scavato dalla fatica, lo credono pazzo. E il padre, che aveva fatto tanti progetti su di lui, irritato e sdegnato, lo chiude in casa: finchè non avrà messo la testa a posto non gli darà più un soldo.
Ma non è certo questo il mezzo per trattenerlo. Padre e figlio si presentano al vescovo di Assisi perchè giudichi chi ha torto e chi ha ragione fra loro. Pietro parla a lungo e con fuoco; Francesco, in silenzio, si spoglia dei suoi ricchi abiti rinunciando così ad ogni bene terreno, e chiede solo di essere lasciato andare alla ricerca della sua vera strada.
Così, nel 1207, a venticinque anni, Francesco lascia Assisi e giunge a Gubbio per prestare servizio nell'ospedale dei lebbrosi. Ma la chiesetta di San Damiano non è stata ancora del tutto restaurata, e il giovane torna là, dove ha avuto la prima intuizione del suo compito, per continuare i lavori. Non sa ancora quello che farà, ma attende  un nuovo cenno dall'alto mentre si estenua nella fatica.
Dopo San Damiano si volge a un'altra piccola chiesa presso Assisi, detta la Porziuncola, per rinnovarla a sua volta; e là un passo del Vangelo: "Andate e predicate..." lo illumina. E' il febbraio del 1209; da questo momento Francesco vede la sua via chiaramente: andrà a predicare la pace e l'amore fra gli uomini sempre in lotta. A poco a poco la sua serena umiltà, il suo candore e, insieme, la sua sicurezza interiore invitarono altri a unirsi a lui: Bernardo da Quintavalle, Pietro Cattani, Egidio. Predicavano il Vangelo per le borgate e le città dell'Umbria, come facevano gli antichi apostoli, raccogliendo il loro pubblico nelle piazze e nelle vie.
Quando furono in un certo numero, Francesco diede loro una prima regola di vita e presto si rese conto che la piccola comunità, per esercitare degnamente il suo compito, doveva avere l'appovazione e il riconoscimento della Chiesa. Ecco dunque Francesco avviarsi verso Roma, con i suoi compagni, e presentarsi al pontefice, il grande Innocenzo III. Il papa non aveva molta fiducia in quei poveracci che si presentavano con tanta ingenuità e tanto zelo; ma le parole di Francesco lo commossero, ed egli finì con l'approvare la sua semplice regola. Fu solo un'approvazione verbale; si narra che Francesco, appena avutala, si allontasse senza chiedere altro, mentre il pontefice lo richiamava: "O semplicione, dove vai? Ti accontenti della mia sola parola?". E che Francesco rispondesse che la parola gli bastava. Ma probabilmente Innocenzo III volle attendere prima di dargli un'approvazione scritta.
Adesso il maestro e i discepoli erano veri frati e potevano predicare anche nelle chiese. La comunità diveniva sempre più numerosa e adempiva con fervore al suo apostolato di pace. Gente perduta cambiava vita alle loro parole, vecchi nemici si conciliavano.
San Francesco d'Assisi (1182-1226)  Nel 1212 una giovinetta di Assisi, Chiara, chiedeva a Francesco di essere consacrata a Dio e, nella Porziuncla, riceveva da lui il saio e veniva poi accompagnata in un convento di suore. Ella avrebbe poi fondato  l'ordine delle Clarisse, il secondo ordine francescano. Ma il sogno di Francesco era adesso di predicare il Vangelo fra gli infedeli: i crociati andavano in Oriente con le armi; lui vi sarebbe andato con al sola sua parola e il suo amore.
Il suo entusiasmo gli impediva di vedere che una missiono simile, nel mondo musulmano, era fatalmente destinata all'insuccesso. Nel 1214 si imbarcava ad Ancona per raggiungere l'Oriente, ma una tempesta lo gettò sulle coste della Dalmazia costringendolo poi a tornare in patria. In un secondo tentativo giunse in Spagna, di dove aveva intenzione di passare il Marocco, ma, ammalatosi, dovette prendere ancora la via del ritorno.
Tuttavia non rinunciava alle sue aspirazioni. Nella Pentecoste del 1217, nell'adunanza generale dei suoi religiosi, organizzava l'opera di apostolato affidando a ognuno la provincia italiana in cui avrebbe dovuto operare, stabilendo missioni per i paesi d'Oltralpe e mettendo il prediletto frate Elia a capo di una missione che inviava in Siria. Questi missionari incontrarono difficoltà di ogni sorta dimostrando una tenacia eroica ma con scarsi risultati. Un'altra missione, inviata l'anno successivo nel Marocco, fu trucidata.
Francesco stesso, nel 1219, partiva per l'Oriente con i crociati. Giunto a Damietta, in Egitto, si presentò al sultano Malik al-Kamil per convertirlo; fatalmente non vi riuscì, ma il suo candore disarmò il sultano che gli concesse un salvacondotto con il quale egli potè visitare i luoghi santi della Palestina.
Francesco tornava in Italia nel 1220, a trentotto anni. La sua missione fra i musulmani era stata sostanzialmente negativa; per di più, durante la sua assenza, la disciplina nell'ordine era venuta meno per mancanza di regole precise. La comunità era divenuta più numerosa e richiedeva un'organizzazione più minuziosa che non fossero le consuete tradizioni di vita. Francesco elaborò dunque una nuova regola, non senza alcuni contrasti: nel suo zelo era portato ad affidarsi completamente alla provvidenza divina senza quasi preoccuparsi delle esigenze terrene, rifiutava il denaro, ordinava ai suori religiosi di procurarsi con il lavoro il pane quotidiano, era sicuro che l'amore fraterno, la purezza, la serenità interiore avrebbero sempre dato loro i mezzi di sostentamento.
Era una regola tutta fondata sui valori dello spirito, che il pontefice, Onorio III; appovò con una bolla nel 1223. Nella quaresima dell'anno successivo, Francesco si ritira nel suo favorito eremo, sul monte della Verna. E là, nella profonda meditazione sulle sofferenze di Cristo, egli vede aprirsi  nelle sue mani, nei suoi piedi, nel suo petto, le ferite del Redentore. E' il periodo più intenso della sua elevazione spirituale: la sua anima vibra all'unisono con tutto il creato, uno slancio di amore lo lega con tutte le creature, dall'uomo al più piccolo insetto. E nel 1225, in una capanna di frasche procuratagli da suor Chiara, e forse da lei stessa costruita, l'asceta, già debilitato nel fisico, crea quel canto, detto poi di "Frate Sole" o "delle creature", che rimane il più vivo documento del suo eccezionale slancio mistico.
Ma la fine è ormai vicina. La fragile costituzione di Francesco cede a tante penitenze e a tante fatiche, un male di oscura natura quasi gli impdisce di muoversi. Tutta avvolta di dolore rimane viva e lucida la sua serenità interiore, la sua inestinguibile pace. Trasportato nell'episcopato di Assisi, egli riesce ancora a conciliare due antichi avversari: il vescovo e il podestà della sua città; poi sentendo ormai imminente la morte, si fa portare in barella alla Porziuncola, centro della sua opera, e là si spegne, il 3 ottobre del 1226.

Fine

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