E mentre Torino si appresta a festeggiare San Giovanni Battista, il suo santo patrono, con una serie di eventi che culmineranno con i celebri fuochi d’artificio sulle rive del Po del 24 giugno (quest’anno lo spettacolo pirotecnico sarà di ben 37 minuti), c’è un altro San Giovanni, a me molto caro, che vorrei ricordare proprio in questi giorni.
Parlo di San Giovanni Bosco che è stato il fondatore dei Salesiani e la cui opera e l’impegno per i giovani sono conosciuti e seguiti ancora oggi in tutto il mondo. Nato da una famiglia di contadini nel 1815 a Castelnuovo d’Asti, precisamente ai Becchi nella frazione Morialdo, divenne prete a Torino. Qui trascorse la sua vita occupandosi della gioventù abbandonata e vi morì nel 1888. I luoghi della sua infanzia, prima di ordinarsi sacerdote, sono oggi meta di un pellegrinaggio costante. La collina che un tempo ospitava la borgata Becchi, oggi si chiama Colle Don Bosco: qui si trovano la Basilica dedicata al Santo, la casetta dove visse con mamma Margherita, la casa del fratello Giuseppe e il Museo della vita contadina dell’Ottocento dove sono esposte anche alcune attrezzature per la vinificazione. Oggi come allora questa zona del Monferrato astigiano rappresenta un luogo dalla forte vocazione vinicola e dalle alture del Colle si può godere di una bella visuale sulle colline circostanti.
La passione di Don Bosco per i campi e le vigne proviene infatti dalla sua vita trascorsa in campagna e dal lavoro che il papà Francesco faceva ai Becchi. La biografia del Santo segnala che a soli dodici anni Giovanni custodiva mucche e faceva il vignaiolo a Moncucco: a questo proposto, si narra ancora oggi di come la vigna che lavorò alla Cascina Moglia, abbia resistito più a lungo di altre alla malattia della filossera e del fatto che il suo vino venne donato a Giovanni Paolo II durante la visita del secolo scorso.
Fu invece la vigna del fratello Giuseppe la dote necessaria che gli consentì di essere ordinato sacerdote come richiedeva la consuetudine ecclesiastica. Non a caso dunque, nelle vigne del Monferrato, Don Bosco portò spesso i suoi ragazzi a vendemmiare e a festeggiare la Madonna del Rosario. Legato al vino è anche l’episodio della sua guarigione del 1840: dopo un anno di dolori e un mese di costrizione a letto migliorò mangiando del pane al miglio e bevendo un bottiglione di vino che gli donò mamma Margherita.
La passione di Don Bosco per l’argomento enologico emerge dalle testimonianze di vecchi vitivinicoltori della zona di Chieri, oltre che dai suoi scritti sul Galantuomo, rubrica pubblicata nella collana mensile Le letture cattoliche. Proprio in uno dei suoi articoli del 1857 si legge infatti che il vino fa bene se buono e bevuto con discrezione mentre l’eccesso nel bere abbrevia la vita ed è causa infausta di guai e di miseria per tante famiglie. Nella biografia del Santo si parla inoltre di un libro intitolato L’enologo italiano, un piccolo volume scritto forse a fine 1844, nel quale Don Bosco spiegava in modo semplice e divulgativo la coltura della vite, le condizioni di una buona cantina, la preparazione di botti e tini e come produrre vino.
Questi risultano essere alcuni dei motivi che hanno spinto un gruppo di sindaci delle province di Asti e Alessandria e alcuni produttori di vino a chiedere che San Giovanni Bosco venga nominato patrono dei vignaioli italiani.