Una delle visite più interessanti di una intensa giornata a Montalcino con l’amico Francesco Falcone è stata la tappa a casa di Luciano Ciolfi, produttore delle bottiglie etichettate sotto il nome San Lorenzo. La sua tenuta, storicamente Torre San Lorenzo per l’appunto,
Salta subito all’occhio in mezzo ai filari la coltivazione di favino per il sovescio. Luciano ha iniziato infatti nel 2012 la conversione al biologico, abbandonando la chimica per recuperare gli equilibri naturali della vigna e salvaguardare la propria salute, vivendo in prima persona gli effetti negativi dell’utilizzo in campo di sostanze chimiche.
Oggi Luciano continua a rimboccarsi le maniche, a cercare di tirare fuori il meglio dalle sue vigne, coadiuvato in campo da Massimo Achilli, e in cantina con la consulenza di Claudio Gori.
Il suo terroir porta le uve a raccolta generalmente nelle prime settimane di ottobre, piuttosto tardivamente, proprio grazie alla buona ventilazione della zona e dell’elevata quota. In cantina le uve sono divise a seconda dei vigneti di provenienza, con le uve meno performanti dedicate al Rosso, mentre le viti più vecchie e gli appezzamenti meglio esposti vanno a confluire nel Brunello, e nel caso di una bella annata le uve del vigneto migliore vengono vinificate per la Riserva.
Per il Rosso opera una macerazione sulle bucce di 20 giorni, in acciaio, dove attende lo svolgimento della mallolattica per poi trasferire le masse in barrique vecchie, dove sosteranno per un anno.
Quasi medesimo iter segue il Brunello, etichettato col nome Bramante, in onore del nonno, al traguardo dei cento anni proprio in questi giorni. Cambia solo la scelta dei legni di affinamento, che qui cade su botti grandi da 10 e 30 hl, dove permane per 36 mesi. Ancora diverso il discorso per la Riserva, che quando si produce, come nel 2006 e 2007 (e seguirà la 2013) finisce per 4 anni in una botte da 10 hl nuova.
L’approccio generale di Luciano è di non travasare mai, e fare una filtrazione larga prima dell’imbottigliamento, giusto per trattenere le fecce, anche se non esclude di pensare a qualche travaso, all’occorrenza, specie sulle prossime uscite, anche in virtù delle annate più problematiche come 2013 e 2014.
Partiamo col il Brunello 2011 da botte, dove si integrano bene le note fruttate di fragoline di bosco con i cenni erbacei di macchia mediterranea e ginepro. Un vino ricco e dal frutto maturo, con buona carica alcolica (15,7%) domata anche grazie a un piccolo residuo zuccherino (2 gr/l), che non nasconde il buon finale sapido di un vino già molto fruibile, dal tannino ben levigato.
Il Brunello 2012, sempre da anteprima di botte, è invece più fresco ed elastico, dal finale asciutto e più cupo. Promette buona evoluzione.
Interessante il Brunello 2013, dove spiccano ricordi di mora e arancia, in un profilo equilibrato e profondo al gusto, con bocca ritmata da buona verve fresco-sapida.
Altrettanto promettente il Brunello Riserva 2013, prelevato dal tonneau nuovo. Dominano ricordi di ciliegia e violetta, con nuance di vaniglia e gin, e una gran bella trama di bocca.
Chiudiamo il giro delle anteprime assaggiando le masse del 2014 da vasca. Sono separate le due vigne principali di provenienza, ed è interessante scoprire l’enorme differenza delle sensazioni regalate dai due vini, con una marcia in più per la parte della vigna normalmente dedicata alla Riserva, che si delinea su intense note floreali e trama tannica fittissima in una materia molto più concentrata.
Il fatto che l’annata 2013 offra buone prospettive è confermato dalla prima bottiglia stappata, il Rosso di Montalcino 2013, dai bei ricordi di menta secca, ciliegia e cannella, di beva piacevole, dotata di tannino vivo e freschezza importante, che porta a una chiusura pulita su frutto rosso saporito.
Iniziamo quindi una passeggiata nel tempo, assaggiando il Rosso 2006, sofferente appena di una sottile riduzione che si dipana presto lasciando posto a un ricordo di frutto e rossetto. Ancora ben godibile al patato, fresco e dal corpo snello e dal tannino sottile.
Annata difficile la 2005, ma il Brunello, appare molto fine ed elegante, con le impressioni al naso ricamate su sottobosco e tabacco, e beva succosa e leggera, dal taglio nordico.
Quasi all’estremo opposto il Brunello 2003, che marca su ricordi di foglie secche e frutto evoluto, ma all’assaggio mostra gli attributi con una bella spinta fresco-sapida a sostenere una ricca struttura con tannino pieno e vellutato.
Altra annata bollente, ma più quotata, la 2007, e il Brunello risulta ben modulato, con frutto, spezia e prime terziarizzazioni ma manca della marcia in più che ci si potrebbe aspettare al palato.
Non ha limiti nelle prestazioni il Brunello Bramante Riserva 2006, senza dubbio il migliore vino tra tutti gli assaggi fatti, un vino assolutamente da cercare e mettere in cantina, o provarlo subito per i più impazienti, perché è già buonissimo ora. Ha profumi complessi che si aprono a ventaglio, con ciliegia in primo piano, fiore di viole e iris, spezie (cannella, chiodi di garofano, cardamomo, pepe nero), e tabacco. Il sorso è carnoso, elegante e profondo, si allunga con potenza al palato, senza mai perdere il controllo, forte di una bellissima integrazione tra freschezza esemplare, tannino fitto e levigatissimo e sapidità elegante nel finale, dove tornano spezie e frutti scuri. Un assaggio appagante, completo, sorprendente, che ci lascia concludere col sorriso la nostra visita da Luciano Ciolfi, vignaiolo capace di vini sorprendenti come questo.
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