Vince il sì (50,28%), ma il quorum è lontano. Bocciato anche il “salva stipendi”.
Il centro storico di San Marino, patrimonio dell’UNESCO
Con 6733 voti, la Repubblica di San Marino rimanda l’entrata nell’Unione Europea: al paese ne sarebbero serviti ben 10657 per poter avviare le pratiche di richiesta di adesione all’Unione Europea, ma questo non è avvenuto. Il quorum non è stato raggiungo per quasi 4 mila voti, con i sì che hanno di poco scavalcato i no.
Già ad inizio scrutinio, con le prime proiezioni, infatti, tutto faceva pensare ad un esito negativo per la Repubblica Sammarinese. La partita è stata più interessante quando si parlava del secondo quesito referendario, quello che chiamava i sammarinesi ad esprimersi per allacciare gli stipendi all’inflazione, vale a dire il referendum “salva stipendi”, ma anche in questo caso il quorum non viene raggiunto.
Nel 2012 la Commissione Europea ha pubblicato una comunicazione indirizzata a tutte le istituzioni europee a proposito dell’integrazione nell’Unione dei micro-stati, cioè Andorra, il principato di Monaco e San Marino. Le conclusioni dell’Unione non sembrano lasciare molte speranze ai promotori del sì al referendum: “Le istituzioni europee al momento non sono adatte all’integrazione di stati così piccoli”. Ma se l’adesione piena all’Unione è molto difficile, San Marino può comunque puntare a un’integrazione economica maggiore. La stessa commissione ha raccomandato che i micro-stati siano ammessi nelle unioni “minori”, come l’EAA e l’EFTA (due accordi sul libero scambio delle merci e sull’integrazione economica di cui è già membro un altro stato, il Liechtenstein).
Il principale timore su cui hanno fatto leva i sostenitori del “no” alla domanda di ammissione è che l’entrata nell’Unione Europea e l’adesione ai trattati di libera circolazione causerà nel piccolo stato, appena trentamila abitanti e un territorio di 61 chilometri quadrati, degli squilibri demografici, in primo luogo l’arrivo di moltissimi immigrati. I vari comitati che appoggiano il “sì” hanno cercato di tranquillizzare gli abitanti su questo fronte: il referendum servirà solo a consentire al governo di formulare una domanda ufficiale per entrare nell’Unione, dopo di che il piccolo stato potrà, secondo loro, negoziare eccezioni ai trattati europei per proteggere la sua popolazione da movimenti migratori troppo grandi.
Per molti anni San Marino è stato un vero e proprio paradiso fiscale, dove non solo era possibile nascondere il proprio denaro grazie a una legislazione che proteggeva il segreto bancario: fiorivano anche le cosiddette “cartiere” – società finte, create solo per fare fatture false e aggirare il fisco – e un’altra serie di pratiche mirate a risparmiare sulle tasse, non proprio ben viste dagli organi di controllo internazionale sul riciclaggio.
Per accettare l’integrazione di San Marino nell’Unione, è probabile infatti che la Commissione Europea chieda al piccolo stato di accelerare la riforma del sistema bancario e di vigilanza della repubblica. Nonostante il sistema di San Marino sia cambiato molto negli ultimi anni, eliminando alcune delle più evidenti storture e inefficienze, questo risultato indica che la richiesta di adesione, secondo i cittadini sammarinesi, non li possa favorire ulterioremente.
I promotori del sì, invece, vedono nell’adesione all’Unione Europea un modo per modernizzare il sistema economico della repubblica e abbandonare le vecchie pratiche poco chiare che fino a pochi anni fa hanno permesso a San Marino di essere uno degli stati più ricchi d’Europa. (post.it)
Nessun “stravolgimento” politico economico, per ora, nella Repubblica di San Marino.