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San Nicola e il cipresso di Diana: Dalla confusione agiografica all’errore iconografico

Creato il 09 marzo 2012 da Cultura Salentina
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Maglie, Chiesa Matrice, “San Nicola abbatte il cipresso di Diana”, Olio su tela, opera di Saverio Lillo (1777) – (ph. Rocco Toma, Maglie)

Tra le opere di Saverio Lillo (1734-1796) presenti nella Chiesa Madre di Maglie una in particolare merita di essere presa in esame, “San Nicola abbatte il cipresso di Diana”, realizzata dal pittore ruffanese nel 1777.

La tela oleografica, di rilevanti dimensioni, occupa un’intera parete nell’ala destra del transetto, quella sovrastante l’arcata che dalla navata laterale introduce all’altare del patrono San Nicola di Mira. Il dipinto infatti coglie san Nicola nell’atto di abbattere a colpi di accetta un imponente cipresso, albero consacrato alla dea Diana. A precisare ulteriormente il contesto concorre un cippo di forma cilindrica, come un’ara pagana per il sacrificio, simile ad una vera di pozzo, su cui si legge la dicitura greca «ΙΕΡΟΝ ΤΗΣ ΑΡΤΕΜΙΔΟΣ» (ieron tis Artemidos), ovvero «santuario di Artemide». Perfino l’ambientazione corrisponde a quanto previsto dalla tradizione cultuale pagana, giacché la dea, figlia di Giove e Latona nonché gemella di Apollo, era la protettrice dei boschi, delle sorgenti e della caccia. Per questo la scena è articolata al di fuori della città, nella boscaglia, nei pressi di un pozzo sacro. Come se non bastasse, nel cielo rannuvolato guizzano due saette, giusto a rammentare la tardiva confusione di Diana con Ecate, divinità dei bagliori notturni, e la credenza per cui le donne colte da morte improvvisa fossero state bersaglio degli strali di Diana.

La raffigurazione scenica è concitata, straripante di movimento. Infuriato contro l’idolatria pagana, il vescovo Nicola, rivestito dei paramenti pontificali orientali, intacca il tronco del verde cipresso vibrandovi addosso impietosi fendenti. Un giovane alle sue spalle regge il baculo pastorale del presule, mentre un fanciullo inginocchiato ai suoi piedi reca su di un vassoio la tipica tiara vescovile bizantina. Stanati dai colpi di scure, quattro demoni alati si allontanano dalla sacra chioma, colti in vivaci espressioni di stupore, rabbia e panico. Gli astanti sono ripresi o nell’atto di commentare fra loro la scena (figure a sinistra di chi guarda), o con gli occhi in fuori dalla meraviglia dinanzi a tanta furia del Santo (figure a destra). Qualcuno gli intima addirittura con la mano di fermarsi; ma Nicola, imperterrito, continua a colpire.

Che Nicola di Mira (270-343) fosse un uomo energico lo riferiscono i suoi contemporanei; che, all’occorrenza, ricorresse alle mani lo riportano autori medievali!

In pieno concilio di Nicea (325) avrebbe raggiunto Ario in persona, suo avversario, rintronandolo con una sonora sberla alla mascella. Peccato solo che l’episodio raffigurato dal Lillo non appartenga ai fioretti di san Nicola di Mira, ma a quelli di un altro Nicola: l’archimandrita Nicola di Sion († 564). Fu infatti quest’ultimo ad accanirsi su di un albero sacro agli idoli, abbattendolo simbolicamente per affermare la vera e unica fede in Cristo (cf Vita Nicolai Sionitae, sec. VI). Nicola di Mira, per suo conto, abbatté un tempio dedicato ad Artemide (cf Vita sancti Nicolai di Michele Archimandrita, sec. VIII). Questo ci riferiscono le antiche vitae dei due Nicola.

Dalla confusione delle fonti agiografiche, dunque, si è originato un errore diffuso fin dal medioevo nell’iconografia di Nicola di Mira. Lo stesso errore in cui, ingenuamente, incapparono nel 1777  il pittore Saverio Lillo e i suoi committenti magliesi.


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