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Sangaku: antica matematica giapponese come forma d'arte religiosa
Creato il 19 ottobre 2012 da ZonwuPer buona parte della sua storia, il Giappone è rimasto completamente isolato dal resto del mondo. Questo confinamento volontario non ha solo portato ad una casta di samurai sopravvissuta ben oltre l'avvento delle armi da fuoco, ma anche alla nascita di tradizioni, culture e dottrine totalmente differenti dal resto del mondo, matematica inclusa.
I sangaku giapponesi sono disegni su tavolette di legno che raffigurano problemi di geometria, spesso con le relative soluzioni scritte in una delle più antiche forme di linguaggio letterario giapponese. Venivano esposti durante il periodo Edo all'interno dei santuari shintoisti o dei templi buddisti come offerte ai kami o a Buddha, e rappresentano ciò che resta dell'antica matematica giapponese.
"Le tavolette sangaku sono forse uniche tra tutte le tradizioni culturali del mondo, perché sono simultaneamente oggetti d'arte, offerte religiose, e una prova di quella che possiamo definire matematica folk" spiega Tony Rothman della Princeton University. "Non sono un esperto di nessuno di questi oggetti, ma la tradizione estetica che li ha creati risplende quando li si osserva dopo tutti questi anni. Credo che sia straordinario che una società possa considerare queste complesse espressioni di bellezza astratta meritevoli di contemplazione e dell'inclusione in un tempio, come altre culture fanno con i mosaici, icone e vetri colorati".
Il primo creatore di una raccolta di sangaku fu Fujita Kagen (1765-1821), noto matematico giapponese del tempo e la mente dietro la prima collezione di sangaku che possa definirsi tale nell'intera storia del Giappone pre-moderno.
Ma i sangaku sono stati esposti nei luoghi di culto giapponesi ben prima di Kagen, fin dalla nascita della matematica "wasan" ad opera di Kambei Mori, il primo matematico della storia giapponese e fondatore della scuola matematica di Kyoto. Uno dei suoi tre allievi, Yoshida Shichibei Koyu, fu l'autore del più antico testo matematico del Giappone, giungendo ad alcune conclusioni del tutto simili alla matematica occidentale, ma in modo completamente indipendente.
In alcuni casi, le soluzioni a problemi di natura geometrica sono invece differenti da quelle occidentali, perchè ai matematici giapponesi erano del tutto sconosciuti alcuni teoremi e nozioni già apprese nel resto dell'Eurasia. Inventarono quindi soluzioni grafiche "creative" ad alcuni problemi geometrici altrimenti irrisolvibili, così creative da poter essere utilizzate come offerta religiosa alle divinità tradizionali.
"Gli appassionati di matematica del tempo non avevano accesso ai progressi ottenuti da Wilhelm Leibniz e Isaac Newton, per cui hanno trovato altri approcci. Per risolvere problemi come questi, usavano un metodo simile a quello degli antichi Greci, molto più dispendioso in termini di tempo. Funzionava abbastanza bene, ma ci voleva un po' di impegno".
Il metodo di calcolo per problemi come "quanti cerchi possono essere contenuti da un triangolo" era sicuramente poco efficiente, ma comprensibile da chiunque possedesse la preparazione necessaria, bambini compresi. Alcune delle tavolette riportano soluzioni per dodicenni, ma questo non significa che fossero facili da capire per ogni giapponese. I problemi di geometria di oggi tendono ad aver bisogno di solo 5-6 righe per essere risolti, ma in passato avevano bisogno di pagine e pagine di lavoro..
Le tavolette sono scritte in kanbun, la più antica forma di scrittura giapponese ancora legata alla tradizione letteraria cinese. Al tempo, ben poche persone comuni erano in grado di comprendere le annotazioni in kanbun dei sangaku, e la matematica era riservata a pochi eletti che prendevano molto seriamente il loro lavoro. "Un sangaku del 1815 ha una prefazione in cui il matematico e i suoi discepoli introducono il loro lavoro" spiega Rothman. L'iscrizione recita: "In questo santuario, chiediamo al dio di progredire nella nostra abilità matematica, e dedichiamo un sangaku".
Rothman helps reveal intricacies of ancient math phenomenon
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