sangue e onore tra i rednecks nel Missouri...

Creato il 09 dicembre 2010 da Omar
Al titolare del blog è venuto il magone pensando alle flotte di spettatori nostrani rincitrulliti dai vari Grande Bordello e compagnia sonante che, dinanzi al ritmo d'un film come Winter's bone, probabilmente si metterebbero a intonare lamentazioni sul genere: «ma è troppo lento!», «non succede mai niente!» e altre idiozie della medesima trafila. Invece il lungometraggio di Debra Granik, appena premiato al Tff dopo aver fatto sfracelli al Sundance Film (e già la candidatura all'Oscar è in agguato) è un cazzo di film gi-gan-te-sco!Tratto dal bellissimo romanzo di uno scrittore che ha dato tanto alla causa southern, Daniel Woodrell (da noi lo pubblica Fanucci), Winter's bone mette magnificamente in scena una fiaba poetica e cupissima ambientata nella peggiore white-trash del Missouri, un popolo di rednecks che sbarca il lunario smerciando crack asserragliato in bellicosi clan familiari in mezzo agli antichi boschi di una terra che racchiude in sé molte delle contraddizioni della (ex) Potenza Mondiale - né Sud, né Nord, il Missouri vive da sempre una profonda, sanguinaria lacerazione interna: è la regione in cui spadroneggiarono i ribelli dopo la Guerra di Secessione e che non a caso diede i natali a figure mitiche e ribalde come Jesse James e Bloody Bill Anderson. «Sono una purosangue, fatta e finita!», dice un paio di volte Ree, la diciassettenne protagonista della storia splendidamente interpretata da Jennifer Lawrence (volto angelico, sguardo puntuto e intelligente) che s'impunta a domandare del padre scomparso nella valle omertosa: e già da questa frase si può capire quanto tosto sia il personaggio e di quanto la trama riesca, con pochi agili step, a definire un dramma d'impianto classico che pesca a piene mani dal genere statunitense d'elezione: il western. Come in un film western, infatti, Ree dovrà affrontare i bifolchi che (forse) gli hanno ucciso il genitore per capire che fine ha fatto questi, un raffinatore di anfetamine di mezza tacca che prima di sparire ha impegnato la casa in cui lei si prende cura - con abnegazione degna d'una mamma-orsa - dei due fratellini e della madre depressa. A popolare il suo mondo - una marea di stamberghe ricoperte di carcasse d'auto e vecchi frigoriferi rugginosi, lividamente fotografati come scenario di una apocalisse in perenne corso - ci sono facce che valgono da sole il prezzo del biglietto: una spanna sopra tutti John Hawkes, lo zio spacciatore, variazione degenerata e cruda della stessa Ree e personaggio perfetto per una trama che comincia con sulfurei barlumi di speranza e poi riesce a infondere (quasi a tradimento) quel tanto di luce pulsante che basta ad alcuni personaggi per renderli umani e vivissimi. Winter’s bone (che piacere che sia girato da una donna, vero Cinzia Th Torrini?) ha le sembianze di un thriller dark, ma è in realtà una solida tragedia western dai toni asciutti e crepuscolari, una storia ricca di sceriffi, nemici ovunque, fazioni, confini da varcare. Una elegante, fascinosa e struggente discesa negli inferi dell'America meno scontata.

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :