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Sanità, dall’altra parte

Creato il 02 settembre 2013 da Tabulerase

corsia ospedaleDa anni ormai mi capita di osservare i medici nei corridoi di un ospedale, di una clinica o di un laboratorio, sembrano alieni estranei al dolore che tra quelli pareti si addensa. Loro, i medici, non vedono delle persone sofferenti ma solo la conclusione di uno studio, la realtà di una malattia che dai libri si è materializzata davanti ai loro occhi.
Non tutti, sia ben chiaro, ma la maggior parte dei medici che ho incontrato ha manifestato esclusivamente un interesse scientifico annullando il rapporto umano.

La malattia, quella grave soprattutto, cambia sostanzialmente la vita di una persona e dei suoi cari. Le ore della giornata sono scandite dalla terapia e poi ci sono i controlli, ore interminabili nelle sale d’attesa. Certo ci si abitua al nuovo ritmo ma anche quello varia e non costantemente. Ci sono gli effetti collaterali dei farmaci e magari l’insorgenza di una nuova malattia. Pesi enormi con cui convivere che non trovano alcuna comprensione, se non falsa, solo in chi come te soffre direttamente o indirettamente.

La malattia modifica improvvisamente le tue priorità e anche se di tempra forte ti scopri debole e insicuro in balia del decorso della tua, ormai, salute precaria e del sistema sanitario. E in questo nuovo contesto che l’ammalato e i suoi cari cadono vittime dell’insensibilità, mancanza di buon senso, soprusi fino alla violazione di diritti senza avere il coraggio di protestare perché “ricattati” dalla nuova condizione. In gioco c’è la propria vita o quella della persona cara e la paura della sofferenza che cambiano radicalmente il modo di essere. Da una parte ci sono l’ammalato e i suoi parenti, dall’altra parte i medici, da una parte c’è chi ha la malattia ed è debole, dall’altra chi la cura ed è forte.

Il paziente è un numero statistico che appartiene a una categoria con quel tipo di sintomi che rientrano in quella patologia e che devono essere curati con quella determinata terapia.

La sanità anche quella pubblica italiana è sempre più gestione economica di un grosso apparato in cui far rientrare i conti e così si guarda sempre più ai numeri e meno alla persona. Il medico, è giusto dirlo, è il terminale di un sistema al cui apice si è collocata la politica con le sue logiche clientelari che ha trasformato la sanità in un enorme bacino di interessi elettorali e alcune volte anche economici. Ma il medico ha, o almeno dovrebbe avere, la coscienza che la professione che ha scelto non può essere come tutte le altre e decidere come esercitarla è una questione di libertà. Quando il medico ti chiama per nome, sorride, ti rassicura, ti ascolta empaticamente capisci che un altro modo di esercitare la professione è possibile e non sarebbe poi così difficile che diventasse sistema. Un controllo della qualità, seria, del servizio sanitario potrebbe incentivare, con la distribuzione di risorse economiche verso i centri meritevoli, non solo chi giustamente non spreca il denaro pubblico ma anche chi si rapporta all’ammalato con umanità. Come recitava quella canzone, con un poco di zucchero la pillola va giù…


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