La spesa sanitaria, si sa, è il buco nero dei bilanci di tutte le regioni italiane. Ottimizzare, risparmiare, tagliare le spese inutili, dare servizi migliori ai cittadini, sono il luogo comune di tutti i programmi, alla vigilia delle elezioni. Lo strumento migliore per fare tutte queste cose è l’innovazione, altro slogan semivuoto. Per fortuna c’è chi non solo dice ma fa. La Regione Toscana, ad esempio. Entro la fine di luglio saranno recapitate ai cittadini 3.600.000 Carte Sanitarie Elettroniche (CSE). Ne sono già state distribuite 800mila. Per farci cosa?
Per fare ciò che in altri paesi europei si fa già da anni. In Danimarca, ad esempio, si va dal medico con la CSE. Il dottore fa la visita, prescrive terapia e farmaci, infila la card nel lettore e poi la riconsegna al paziente. Niente carta, nessuna ricetta. Il cittadino poi va in qualsiasi farmacia del regno, consegna la CSE, il farmacista la infila nel lettore, legge la prescrizione, consegna le medicine.
Il microchip della CSE toscana custodisce i dati sensibili dell’anagrafe sanitaria del cittadino, con le informazioni aggiornate su ricoveri, esami, vaccinazioni, farmaci assunti, patologie, allergie, esenzioni. Dopo averla attivata in uno dei duecentocinquanta sportelli pubblici, il cittadino può accedere con il suo PIN al suo Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE). Ovviamente soltanto gli operatori sanitari accreditati possono consultare CSE e FSE.
L’uso della card farà risparmiare un mucchio di denaro alla regione e al Sistema sanitario toscano e permetterà agli amministratori di aver sempre a portata di mano dati aggiornati sulla spesa e sull’efficienza dei servizi erogati. Se ne parla da molti anni, ma la Toscana è soltanto la terza regione ad aver attivato la CSE. E tutte le altre? Promuovono convegni, annunciano, elaborano progetti. Fanno cose, vedono gente, per dirla con Nanni Moretti.