Due più due fa zero per i media maistream. Ma anche per i partiti e specie per quella cosa indefinibile che si chiama Pd: così accade che mentre la senatrice Emilia De Biase, presidente della commissione Sanità del Senato, lancia l’allarme contro ulteriori tagli alle politiche di assistenza, pena un rischio Grecia, il partito sembra galvanizzato dal job act di Renzi, il quale andrà certamente a toccare o i contributi pensionistici, e/o l’Irpef e l’Irap. Putroppo però almeno il 30% della sanità è pagato proprio grazie a quest’ultima tassa, studiata proprio per tale fine (peraltro esiste sia in Germania che in Francia con buona pace di Confindustria).
Questo vuol dire semplicemente che è inevitabile un ulteriore taglio ai servizi o un aumento della tassazione indiretta assai più corposa rispetto ai tagli di Irpef prospettati dal governo come un nuovo corso. Distratti dalla questione dadaista delle quote rosa, avviliti dalle vicende della “nuova” legge elettorale, pare che non si riesca a sommare i due termini della questione e a mostrare che con le premesse del job act, in regime di diminuzione forzata di spesa, non si può mantenere il livello di assistenza già oggi gravemente compromesso a meno di non sobbarcarsi a nuovi aumenti di tassazione indiretta, siano essi sotto forma di ticket o di altri balzelli.
E’ solo un esempio di come si giri vorticosamente, ma a vuoto: con Letta si stava in panchina ad attendere l’annuncio di una resipiscenza della Merkel cambiasse strada, con Renzi si vive sul materasso ad acqua, ma il risultato desolatamente non cambia e anche le evidenze sembrano prendere di sorpresa un Paese fa solo finta di non conoscere il suoi sarchiaponi.