Tra i santi di oggi, scelgo Sanremo. Non che quest'anno mi sia andata bene: per trovare un italospagnolismo all'Ariston dovrei tutt'al più aggrapparmi ai suffissi in “able” di un improponibile Crozza. Perchè non è per la politica, signori. Certo, è vero che se ne parla fin troppo per trovarla incastonata anche in uno show musicale. Ma non è questo, no. Il punto è che a me Crozza non fa ridere affatto. E poi la dobbiamo smettere, di concedere agli ospiti di allargarsi in questo modo. Sto guardando un festival, mica un monologo su La Sette. Insomma, chiamateli. Chiamate lui, chiamate il coreano di Gangnam Style, chiamate chi diavolo vi pare. Ma cercate di ricordarvelo, per una volta, che i protagonisti della serata non dovrebbero in nessun caso essere loro.
Renzo Rubino – Dai, ammettetelo: Rubino che si veste di rosso rubino fa ridere. Comunque bella voce, canzone ben costruita, testo non banale come, invece, ci si sarebbe potuti aspettare dalla scelta di un argomento un po' ruffiano. Insomma, bravo. E brava ancheIrene Ghiotto. Ebravi anche i Blastema, con uno degli Emo di Zelig come vocalist. Scherzi a parte, i giovani che si sono esibiti ieri superavano in qualità gran parte dei big. Devo ancora decidere se sia più rassicurante o deprimente. Però they rocks. Tutti e quattro. Ora aspetto al varco i colleghi di questa sera. Almamegretta – Non hanno scritto una canzone “per Sanremo”. Sono rimasti fedeli al loro stile, senza farsi influenzare dalla cornice. Il che non é per niente poco.Simone Cristicchi – Quest'uomo è un genio. Ok, riascoltando l'esibizione devo ammettere che ha stonato un po'. Però, se il brano eliminato non mi aveva convinta, “La prima volta che sono morto” ha il testo più originale del festival. E i mix equilibrati di sorrisi e lacrime mi riescono sempre a conquistare. Simona Molinari e Peter Cincotti – Un po' jazz e un po' anni cinquanta, il duetto mi ha sorpresa gratamente. Sarà che non mi aspettavo molto. O sarà che loro ci sanno fare. Elio e le storie tese– Degli “elii” mi piace il fatto che si divertano sul palco. Perchè si vede che lo fanno. Giocano con la musica, ci infilano dentro un po' di teatro, prendono in giro l'ambiente che dà loro da mangiare. E l'unico motivo è che gli piace farlo. Lo so che sembra un paragone assurdo, ma “la canzone mononota” mi ricorda il motivo per cui ho scritto #Odissea: per il gusto di farlo. Per dirlo alla spagnola, per “pasármelo bien”. Evviva la gioia, allora. Modà –I “Modá” fanno i Modá. Niente piú e niente meno. Il brano in gara é una copia quasi perfetta di un paio di altre loro canzoni. Ma finché copiano se stessi, se non altro si puó definire “stile”. Canzoncina radiofonica come tante altre, con alcuni passaggi del testo che peró mi sanno affascinare. "Se solo avessi un po' più tempo per viaggiare frantumerei il mio cuore in polvere di sale per coprire ogni centimetro di mare", per esempio. Malika Ayane– Il brano che é stato eliminato portava voce e accenti del Sangiorgi piú contorto. Quello che é passato é piú orecchiabile, ma forse nell'interpretarlo lei ci si é impegnata meno. Da riascoltare. Annalisa – A volte mi secca ammetterlo, ma dai talent show escono anche delle voci carine. Marco Mengoni – A me di Mengoni piaceva un sacco l'altra, di canzone. Quella scritta dalla Nannini. Ma, l'ho detto: non vado d'accordo con la giuria. Questa é un po' piú banale, ma ti si incolla in testa per le eternitá a venire. A meno che, ovviamente, non intervenga Il Cile.