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Sanremo 2014: il pagellone delle canzoni finaliste, ma non solo...
Creato il 23 febbraio 2014 da CarlocaEccoci dunque, a chiusura dell'intensa settimana sanremese, al rituale pagellone dei brani portati in finale dai Campioni (con qualche postilla in calce...), nel tentativo di mettere ordine, approfondendole, fra le considerazioni che ho sparso nei giorni scorsi nei vari post di commento alle serate. CONTROVENTO - ARISA: fedelissima alla più tradizionale linea melodica sanremese, arrangiamento semplice ma con la gradevole raffinatezza degli inserimenti dell'oboe, testo banale, quasi elementare, da"temino" scolastico, ma buona cantabilità. Pezzo furbo, impreziosito da una voce limpida e costantemente priva di incrinature, ai limiti della perfezione: però "La notte" di due anni fa, pur anch'esso tradizionale, aveva altro spessore. VOTO: 6,5. LIBERI O NO - RAPHAEL GUALAZZI AND THE BLOODY BEETROOTS: potevano essere vincitori più meritevoli di Arisa. Azzeccata contaminazione fra generi distanti fra loro, ottima fusione fra blues - jazz e discomusic di stampo "settantesco". Alla fine della fiera, l'abbinamento, per quanto ardito, non è stato spiazzante e rivoluzionario come lo si descriveva alla vigilia. Quindi meno arduo, per l'ascoltatore, da assorbire nei tempi serrati della kermesse. Meglio così. VOTO: 7,5. ORA - RENZO RUBINO: cantautorato di stampo moderno, canzone dal ritmo incalzante, interpretazione energica, da consumato "animale da palcoscenico". Buone trovate testuali (la chiusa "Dammi un voto, un voto, un voto, un volto") e vocalità eclettica, che in certi passaggi mi ha ricordato il Rodolfo Santandrea di Sanremo '84, talento genialoide tuttora in pista ma mai adeguatamente valorizzato. VOTO: 7. VIVENDO ADESSO - FRANCESCO RENGA: una medaglia la meritava tutta, e quella d'oro non sarebbe stata scandalosa. Pop assolutamente contemporaneo, testo ben scritto e al passo coi tempi, che affronta con realismo e delicatezza un tema spinoso come quello del tradimento; impianto musicale raffinato e variegato. Un'Elisa in gran forma, "letta" da Renga cercando di dare più equilibrio del solito alla sua potenza vocale, che però non è mancata. Unica pecca, la canzone esce troppo alla distanza, come accadde per "La tua bellezza", presentata a Sanremo 2012. Ma avercene, di pezzi così. Sul podio doveva starci. E' stata buttata giù dalla Giuria di qualità, per issare Arisa in paradiso. De gustibus. VOTO: 7,5. BAGNATI DAL SOLE - NOEMI: la "summa" della canzone da airplay radiofonico e da I-Pod, essenziale, quasi scarna nella struttura, strofa breve che cede presto il campo a un refrain lungo e martellante. Nessuna ricercatezza. Voce sempre calda e avvolgente (ma a volte la sensazione è che, con le sue doti, potrebbe osare di più), e ad accrescere l'appeal un coretto trascinante. VOTO: 7. L'UNICA - PERTURBAZIONE: hanno azzeccato l'ingresso nel giro della musica "commerciale", con un pezzo ben congegnato, dal testo ironico, di notevole impatto e capace di ficcarsi subito in testa. Sonorità elettroniche un po' vintage ma veste sonora comunque attualissima. Insomma, in quanto esponenti del mondo "indie" non hanno fatto gli "strani", pur rimanendo sostanzialmente fedeli al loro stile. VOTO: 7,5. IL CIELO E' VUOTO - CRISTIANO DE ANDRE': vado controcorrente e dico che è meglio questa rispetto alla pluridecorata (dalla critica) "Invisibili", esclusa dal pubblico televotante dopo la prima esecuzione. Se non altro è più originale, anche se nella sua architettura complessiva non si può definire cantautoriale in senso stretto. Risulta perfino di facile presa. Azzeccata la soluzione delle parti in "recitato", refrain coinvolgente. VOTO: 6,5. PEDALA - FRANKIE HI-NRG: buon ritorno all'Ariston per Di Gesù. Altro brano da iscrivere nella categoria "tormentoni", almeno potenzialmente. Il ritornello sembra costruito apposta per accompagnarti in ogni momento della giornata, da canticchiare soprattutto "sotto la doccia" o "facendosi la barba", come si diceva un tempo a proposito dei migliori prodotti festivalieri. Il ciclismo e la bicicletta come metafore delle asprezze della vita non rappresentano soluzioni narrative uniche e geniali, ma Frankie le sviluppa con un racconto persino sovrabbondante, ricco di immagini suggestive e di gran concretezza, di accostamenti e di paragoni centratissimi. VOTO: 6,5.TI PORTO A CENA CON ME - GIUSY FERRERI: ha azzardato il cambiamento di stile, e la prima prova mi è parsa confortante. Perfettamente a suo agio con un pezzo soft di stampo classico, dagli accenti sommessamente malinconici, secondo la miglior tradizione della melodia all'italiana. Più coinvolgente la strofa del ritornello, ma nel complesso la sufficienza è ampiamente raggiunta. VOTO: 6,5.
Sarcina: senza squilli, ma sufficiente
NEL TUO SORRISO - FRANCESCO SARCINA: un tuffo nel passato recente, nel periodo d'oro delle Vibrazioni, che all'inizio di questo secolo avevano impresso a chiare lettere la loro firma sulla nouvelle vague del pop rock italico. Quasi dieci anni dopo, o giù di lì, nulla è cambiato: Sarcina è andato sul sicuro e ha riproposto in maniera fedele lo stile della sua band, virando anzi verso una ancor maggiore semplificazione e "popolarizzazione": la canzone è di impianto tradizionalissimo, con l'apertura a voce spiegata di un refrain fatto apposta per trascinare la platea. Non eccelsa, ma tutt'altro che da buttare. VOTO: 6+. COSI' LONTANO - GIULIANO PALMA: nessuno meglio di lui, nel panorama canoro italiano, sarebbe in grado di interpretare una canzone di Nina Zilli, il cui stile si sposa alla perfezione con quello dell'artista milanese. Ma non era una Zilli particolarmente ispirata e originale, quella che ha confezionato questo brano, un po' troppo appiattito su altre sue precedenti produzioni. Insomma, per Palma un esordio sanremese un po' sottotono, e non solo per colpa sua. VOTO: 5,5. DA LONTANO - ANTONELLA RUGGIERO: fra le finaliste, è sicuramente la proposta più complessa e articolata. Forse troppi virtuosismi interpretativi per una vocalità che mantiene comunque intatta la sua suggestione. Arrangiamento corposo, in particolare di grande effetto l'uso del piano e dell'organo, le cose migliori di quest'opera. VOTO: 6+. SING IN THE RAIN - RON: l'esclusa "Un abbraccio unico" rappresentava il vero Ron, una melodia avvolgente e incalzante , ricca e piena, uno splendido inno all'amore del tutto nelle sue corde, persino con un coretto in stile "Joe temerario". Meglio dell'allegra "Sing in the rain", una leggerina folk song senza eccessive pretese. VOTO: 5,5. PRIMA DI ANDARE VIA - RICCARDO SINIGALLIA (squalificata - fuori concorso): splendida immersione nel miglior sound targato Tiromancino, quello che portò una ventata di novità nel panorama pop italico a inizio Duemila. Testo ispirato, sognante e al contempo realistico, arrangiamento essenziale su un tappeto di chitarre, inserimenti misurati della voce di Laura Arzilli, con la quale Riccardo ha una splendida intesa sul palco. VOTO: 7.
Fabio Fazio e Luciana Littizzetto, discussi padroni di casa
Per finire, alcune pagelle "supplementari", a partire dai due padroni di casa.FABIO FAZIO: delle pecche in fase di costruzione dello spettacolo, e di definizione della linea "editoriale", già si è detto. Sul palco ha fatto il suo, senza strafare ma nemmeno demeritare. Del resto non è mai stato un "one man show", casomai dà il massimo quando sente di nuotare nel suo ambiente, in un progetto che ha voluto e che percepisce come fortemente condiviso da chi ne fruisce: ecco, quest'anno la condivisione, da parte di pubblico e critica, in larga parte non c'è stata, e quindi la sua presenza nelle pieghe dello show è risultata fatalmente attutita. Ottimo comunque il sangue freddo mostrato nella gestione della protesta degli operai, e di assoluta genialità l'entrata in scena, in una delle prime serate, in vestaglia da camera, per sottolineare (con una sana autocritica) il protrarsi della trasmissione fino alle ore piccole. Liberatoria la "coreografia danzante" fornita ad Arisa, insieme a Lucianina, durante la riesecuzione del brano vincente. VOTO: 6 come presentatore, 5 come principale deus ex machina della manifestazione. LUCIANA LITTIZZETTO: per quanto mi riguarda, promossa a pieni voti, o giù di lì. Ha avuto la verve per vivacizzare una ribalta che troppo spesso è parsa ripiegata su se stessa. Divertente l'entrata in scena, la sera d'apertura, con le Blue Belles, azzeccata la caricaturizzazione di Raffaella Carrà, rispettoso l'inserimento nel monologo di Franca Valeri, convincente e sentito, per quanto non privo di qualche argomentazione debole, il monologo su bellezza e diversità. Poi la battuta sempre pronta per ogni artista, e il giochetto della liaison col maestro Vessicchio, insistito ma mai noioso. Certo, il turpiloquio, a volte senz'altro eccessivo, ma concentrarsi solo su questo aspetto vuol dire ricollegarsi al vecchio discorso del dito e della luna, fissarsi su particolari importanti ma non decisivi perdendo di vista la sostanza. VOTO: 7+. LA SCENOGRAFIA: non ho le competenze specifiche per giudicarla su un piano tecnico ed estetico, mi limito quindi a dire di averla trovata anonima, senza alcun elemento che possa farla ricordare, e ricordare positivamente, negli anni a venire. E' un problema, per la verità, che ha caratterizzato molte edizioni recenti. Nostalgia dei palchi elettronico - discotecari dei primi anni Ottanta... VOTO: 5-. I VERSI PIU' BELLI: "Credo in noi come se fossimo di un'altra generazione, di quella del bene sopra la ragione, di quelle che aspetto anche tutta la vita per vederti tornare dalla guerra mondiale": Zibba, in "Senza di te".
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